di Simone Fornoni
L’appoggino da killer per battezzare la prima da titolare, poi quel sinistro al volo da biliardo. Buono ad alimentare la fiammella delle illusioni in mezzo alla neve, ma tant’è. Sul piatto che non piange, ecco l’opportunismo più sfacciato e il numero da fenomeno del prossimo futuro già impegnato a costruirsi un solido presente per sé e per i suoi nuovi colori, culla di una carriera in sboccio iniziata con la maglia dei nerazzurri ricconi. Aggiungiamoci il particolare non da poco dei lampi di classe nella tormenta, e per Marko Livaja la terza presenza a referto s’è risolta in una vittoria nella sconfitta. Di Pirro, of course. Però nel disastro dell’ennesimo pomeriggio in scala di grigi, con l’Atalanta tristemente in bianco, s’è affacciato il pallido sole di una certezza: stavolta il front office ha azzeccato almeno un’addizione al calciomercato. La Roma sbanca il “Comunale” sotto la neve, ma a Zingonia Marino e Colantuono si sono messi un tesoretto nel caveau che fa presagire il sereno a lunga scadenza. Il vernissage con il rompighiaccio, per di più al cospetto del pubblico amico? Sulla candida e sdrucciolevole distesa. Dove l’equilibrio è una conquista sudatissima, anche se il nostro ha concluso le fatiche domenicali al triplice fischio esattamente come le aveva inaugurate: in piedi, e a testa alta. Ed è proprio questa che ha usato per inserirsi al meglio nelle trame tattiche dai contorni ancora sfumati della timida ninfetta del post rivoluzione di gennaio, ad onta di un’intesa con German Denis non ottimale. Nel primo tempo il palcoscenico è stato tutto per lui, il talentino croato prossimo a scrivere venti nella casella dell’anagrafe, la moneta di scambio di un’Inter che già si morde le mani dal dispetto per avere lo Schelotto poco Levriero dell’ultimo, tormentato periodo.
Pronti via, incredibile l’ha già indovinata, non prima di aver esploso al cinquantesimo secondo il botto stonato di un tiraccio ai pupazzi di neve: Bonaventura sferra un tiro sul lob di Carmona che si tramuta in assist, il novello Harry Potter chiamato a regalare magie a un attacco dalle lune storte estrae il coniglio dal cilindro comparendo quasi dal nulla sul trespolo da falco del gol. Prodezza rapacissima alla Pippo Inzaghi, sfuggendo al partner di sportellate prediletto che non poteva che rispondere al nome di Nico Burdisso. Ma analizzando a fondo il partitone dello spalatino, costretto a incrociare i tacchetti con gli altri due molossi capitolini dall’evanescenza di un Tanque dai cingoli arrugginiti, si scopre che, oltre a giocare di corsa e di sponda, nelle non numerosissime azioni dei suoi c’è sempre entrato. Proiettandosi in area con voluttà, a differenza del compagno dal curriculum illustre: vedi al quarto d’ora, quando il fondo scivoloso frustra – aiutandosi con un traccheggiamento fatale – l’inserimento semiperfetto sulla verticalizzazione di Biondini.
Il ragazzo alterna puntate secche verso il bersaglio grosso a rientri in copertura per conquistarsi palla, visto che il centrocampo di filtro ne fa al minimo sindacale e di servizi regolari alla linea di fuoco, se Jack non cala l’asso dalla sua zolla, non ne arrivano. Quel che gli capita tra i piedi, però, basta e avanza. La Dea subisce la remuntada? Rieccolo, il campioncino col 7 sulle spalle: un minuto al tè caldo e il brivido freddo lungo la schiena lo provano i gabbati speciali Torosidis e Stekelenburg. L’uno inciampato sullo smarcamento senza complimenti, l’altro in ginocchio davanti al secondo tiro mancino della serie propiziato dal cross di Carmona. Il resto è consegnato alla cronaca, e parla di un undici frastornato e dalla gestione tecnica venata da insicurezze. Peccato, anche per quella vendetta non consumata contro i giallorossi, che avevano rifilato un 2-1 alla sua Interina il 5 settembre scorso nella finale bustocca della Supercoppa Primavera nonostante avesse provveduto personalmente a dimezzare lo svantaggio. Peccato, anche se il 24 febbraio è la data della nascita ufficiale di una nuova stella nel firmamento atalantino. E pazienza se la Quaresima, a dispetto di clima e meteo da satolla natalizia e dintorni, s’è rivelata tale anche sul piano dello score sul tappetino tappabuche di un “Comunale” gelato fino alle budella del più irriducibile degli ultras. Con quel taglio di capelli e quel fisico alla marine, alla Curva sarà sembrato di vedere la grinta e il carattere di un Daniele Capelli proteso in avanti. Sperando che da Siena in poi non sia un’infilata di passi del gambero.