di Marco Bonfanti

Quasi alla fine di una partita inguardabile, Beppe, nella sua compassata saggezza, mi tenta con una ponderata comparazione: quella fra la gara che stiamo guardando ed una qualunque tra scapoli e ammogliati.  Secondo lui, forte di una comprovata esperienza in tornei aziendali e sagre di paese dove si tirano due calci al pallone, una partita del secondo tipo è sicuramente meglio di ciò che sta, ahinoi, sotto i nostri occhi. E non manca il perché. Negli scapoli vs ammogliati c’è sempre dentro un qualcuno che si eleva dalla mediocrità generale, che ne so, una vecchia gloria o semplicemente uno che ha calcato in gioventù qualche prestigioso campetto di calcio, e questo qualcuno con le sue giocate illumina il buio pesto di chi tira solo pestoni vari al pallone. Insomma l’illuminato e l’illuminante c’è.

Cosa che manca in assoluto alla pseudo partita Lecco-Sambonifacese. Lì nella più pura mediocrità ci si sguazza. Nessuno che si eleva, non dico fino al cielo, ma neppure di un metro sopra al gioco confuso, inconcludente e  noioso di entrambe le squadre. E così nella settimana in cui finalmente (almeno per noi) decade il ventennale brioso personaggio di potere televisivo, il Lecco non si rialza neanche un pochino. Dopo la pesante sconfitta di Caravaggio, agguanta su rigore soltanto un pareggio. E lo fa senza mai imporre il proprio gioco, insistendo con gli stessi sterili schemi, attaccando in modo del tutto prevedibile  e previsto.  Ci sono due giocatori (Mauri e Bugno) che corrono come forsennati, tentano e riescono anche qualche dribbling, ma poi si infognano sulla fascia, fino a giungere dove finisce il campo, da lì sparano un cross in mezzo che si perde nell’aria limpida di una domenica dicembrina (e vai con la poesia!).

Niente da fare, niente da vedere, niente da emozionarsi. E allora andiamo con i contorni. Allo stadio, attraverso altri tifosi, veniamo a sapere che avremmo potuto vincere un abbonamento gratuito per le partite di casa della nostra squadra. Infatti un giornale locale, un settimanale che non è quello che scorro ogni lunedì, ha pubblicato una foto della tribuna nella precedente gara casalinga dei blucelesti. I primi nove che si riconoscevano fra i presenti, portata al giornale la foto e se stessi per far vedere di essere veramente loro  (cioè quelli della foto),  avrebbero avuto un abbonamento in omaggio. Bene eccoci lì ben presenti nell’istantanea del settimanale lecchese, noi che siamo pure quelli in primo piano: io, Beppe, lui disinteressato perché l’abbonamento ce l’ha già, il (de)genero Riccardo ed il cognato Paolo.  Peccato che nessuno di noi abbia amici, anche se non particolarmente assidui, o parenti, anche particolarmente lontani, che leggano questo giornale. E così l’ignoranza del fatto ci fa perdere una ghiotta occasione, perché come alla fine di  una partita tale a quella di domenica, poteva essere una consolazione sapere che perlomeno non si era pagato il biglietto.

E a proposito di giornali,  so che il Bergamo e Sport , almeno quello cartaceo, è molto attento ai temi della moderna medicina. Allora pure io, nel mio piccolo e tramite un’esperienza capitata in settimana, vorrei portare un contributo sul miglioramento deciso degli stili di vita e della medicina in genere.  Qualche giorno fa mi telefona mia figlia con un quadro quasi drammatico: Pietro, il figlio sedicenne, non è andato a scuola, ma è rimasto a casa perché affetto da un grave dolore agli occhi: urge portarlo dal dottore. Con la calma che dimora in un sedicenne lo porto dal medico che, dopo averlo visto, diagnostica una semplice congiuntivite. E allora mentre usciamo gli regalo questa perla di saggezza:  “Caro Pietro, ai miei tempi, secondo la vulgata popolare sostenuta dai genitori, a far certe cose si diventava ciechi, adesso viene al più una congiuntivite”. Così progredisce il mondo. Il Lecco no. La medicina e gli stili di vita, si direbbe decisamente di sì.

NELLA FOTO IL NOSTRO INVIATO IN SERIE D MARCO BONFANTI MENTRE SI RECA A VEDERE LA PARTITA