di Marco Bonfanti
Nei film western e nei grandi racconti (tipo Guerra e Pace, il Signore degli Anelli e Pollicino) l’eroe protagonista ha inizialmente una vita facile e l’esistenza gli scorre semplice. Poi, però, cominciano i guai, i nemici si fanno sotto decisi, egli traballa, gli subentra una qual certa indecisione, l’eroe insomma vacilla. Il finale però è tutto a suo favore, egli (l’eroe) rimonta in sella, va via spedito, schiaccia l’avversario e, alla fin fine, mette via la fumante pistola.
Lecco – Pro Sesto è tutta qua.
Il Lecco (indiscutibilmente il nostro eroe) mette sotto con facilità la Pro Sesto nei minuti iniziali, decima l’avversario (rigore con espulsione) e pare avere in tasca l’impresa senza grandi patemi d’animo. Poi, però, quello, il cattivo di turno, non ci sta e gli torna sotto con determinazione, l’impresa, nella mente già fatta, sembra svanire. Ma è solo un trucco scenico. Il finale è infatti tutto dell’eroe che rimonta, pareggia e infine surclassa con un indiscutibile quattro a due l’avversario.
Rappresentazione riuscita, risultato acquisito.
Se poi metti pure che l’avversario, il nemico, è il ricco del contado, il latifondista sprezzante, l’ingiusto padrone mentre l’eroe è solo un povero idealista, uno scivolato, suo malgrado, nei bassifondi della scala sociale, ma con grandi ideali di riscatto, ecco il pathos delle grandi praterie c’è veramente tutto.
Che poi qui noi liquidiamo la mirabile impresa in poche parole, ma, pur senza saper usare l’immaginifica prosa di un Fornoni, dobbiamo dire che, oltre alla giusta suspence, c’è stata, nel nostro eroe, lucentezza, gagliardia, determinazione, opposizione alle avversità, volontà mai doma e chi più ne ha più ne metta.
E tutto questo a voler stare nella tradizione di un romanzo epico.
Se invece vogliamo scivolare nel romanzetto moderno dove più che la trama conta l’intreccio di parole e il loro gioco, beh anche in questo caso il materiale non manca.
Perché i primi due gol, quello dell’iniziale vantaggio è quello del successivo pareggio, li segna Castagna. E siamo in autunno. E guarda caso quest’anno sui nostri monti, a quanto si dice, i marroni non si trovano e quei pochi che ci sono li trovi piccoli, esangui, vuoti. Niente grandi castagne in giro, insomma, ma noi la grande castagna l’abbiamo in campo. Che ci toglie, con i suoi gol, le castagne dal fuoco. E che fa del Pro Sesto un misero Pro nobis. Se poi ci metti anche che il gol definitivo te lo fa Bugno, ecco che il Lecco vince con un Bugno di castagne e via giocando con le parole, come ieri abbiamo fatto io e Beppe, allegramente inventando come è da noi.
Tutto bene quel che finisce bene, allora?
Diciamo di sì per la larga parte delle cose, perché un neo c’è pure stato e cioè la becera contestazione da parte di qualche tifoso del nostro mister Butti. Chi ci legge sa che noi abbiamo più volte criticato il nostro allenatore, sia per l’abbigliamento (scherzando) sia per l’acume tattico (un po’ più seriamente).
Ciononostante ci sentiamo in dovere (e che dovere) di difenderlo perché sta costruendo, pur a fatica, una squadra solida e ben organizzata, con elementi di classe poco poco sopraffina. Ora le invettive contro di lui domenica sono iniziate quando ha cambiato Capogna, secondo il mio parere giustamente, perché era dentro a guardare la partita, a parte il procurato rigore, e il mister deve aver pensato che la vedeva meglio dalla panchina. I contestatori erano intorno a noi, tra loro spiccava una ragazza come la più esagitata.
Io e Beppe abbiamo pensato fosse la fidanzata del Capogna, che magari con quel cambio gli tornava a casa incazzato e poi toccava a lei sorbire e placare la sua rabbia.
Poi uno è sceso verso la panchina e da quel che apprendo ha minacciato di morte l’esile allenatore, che deve avergli risposto con il dito medio, gesto criticabile ma pure giustificabile, perché in quel frangente mica si poteva instaurare un sereno dialogo.
Che questi pseudo tifosi si diano una calmata è il minimo che si possa chiedere.
Il Lecco c’è, è in crescita, può far bene ma soprattutto, per noi, il calcio è una festa o non è.
A noi il tifo esasperato ci appartiene quanto l’acqua minerale nei nostri pranzi prepartita.
Il Lecco non è per noi una fede, ma fede nel Lecco ce l’abbiamo, eccome.
Nella foto Marco Bonfanti, giocoliere… con le parole