di Marco Bonfanti

Cominciamo con un bell’inizio (e ci mancherebbe pure di cominciare con una bella fine) enfatico e retorico: ciò che venne preso, viene reso.  Infatti la scorsa domenica (come da noi documentato) contro il Pro Piacenza il Lecco venne uccellato nel finale da una innocua palombella finita, a causa di un portiere fuori posto, nella rete. Bene domenica è successo l’esatto contrario. Siamo all’epilogo finale: Rigamonti, appena entrato, spara un tiro anche bello ma molto centrale.  Il portiere avversario esce dai pali per far sua la sfera. Ma come il nostro la volta scorsa, sbaglia tempi e modi dell’uscita sulla palla, la quale lo supera e finisce in rete. Due a uno allo scadere, allora. Posto che, nell’altalena delle giocate, domenica nel calendario stilato da me e Beppe, era la partita cattiva (una buona e una cattiva è la successione) pigliamoci sta vittoria e siamo contenti. Anche se questa vittoria non è venuta dopo una bella partita, perché di gioco costruttivo non è che se ne sia visto granché. Ma, come si suol dire in questi casi, importante è il risultato, il gioco verrà (speriamo prima della fine del campionato).

Che non sia stata una bella partita è stato un giudizio unanime del nostro gruppo pro-Lecco, domenica pure arricchito da nuove entrate, il cognato Paolo e il (de)genero Riccardo. Non bella però vivace, è stato quel giocar male (tanti passaggi sbagliati) che poi porta a parecchie occasioni da gol. E in queste il Lecco è stato superiore e ne ha avute di più, legittimando così la vittoria, come si dice nelle cronache serie.

Va detto, a scusante del Lecco, che nella compagine bluceleste c’erano parecchi assenti, anche se, a parere di chi scrive, non particolarmente migliori di chi li sostituiva. Negli avversari abbiamo, io e gli altri, particolarmente ammirato il numero dieci: un tale Sorti. Tanto ammirato che se il Lecco avesse perso, come sarebbe anche potuto accadere, io avrei iniziato così: le pessime sorti del Lecco dovute a un ottimo Sorti, ma poi, come vedete, questo bell’inizio non si è potuto fare. Ora quando è iniziata la partita Beppe ha detto: “Ma guarda questi del Mapello Bonate, c’hanno pure il nome sulla maglia” perché ognuno di loro aveva una scritta sulla schiena. Poi, visto che questo Sorti faceva i numeri, io ho detto a Beppe: “Ma sei sicuro che si chiama Sorti? Perché è vero che ci vedo poco, ma il nome sulla maglia mi sembra più lungo”.  Allora lui ha guardato bene, lui che ci vede, e ha risposto:  “Hai ragione, non è Sorti, ma Sangalli”. Ma poi venivano vicino altri calciatori e tutti si chiamavano Sangalli. E allora con l’acume che ci contraddistingue, abbiamo dedotto che neanche i giocatori del Mapello Bonate avevano il nome sulla schiena, ma quello era il nome dello sponsor che, con indubbia originalità, portavano dietro anziché davanti. Perché forse questo Sangalli ha un’impresa di lavori retrò o perché preferisce rimanere dietro le quinte. Così facendo è trascorsa via anche la partita.

Poi, prima di scrivere questo pezzo, dò una scorsa al giornale locale e così apprendo che il nostro allenatore Butti non si è presentato in sala stampa, perché turbato e scosso dalle contestazioni ricevute prima durante e dopo la partita, seppur da un gruppo ristretto di tifosi. E allora qui ci scatta la doverosa difesa dell’allenatore. Che faccio non su un piano calcistico, ma prettamente umano. L’allenatore è un uomo esile e mingherlino, che, domenica dopo domenica, si presenta in panchina con lo stesso vestitino della festa, perché magari, di bello, ha solo quello.  Bene, umanamente, come si fa a contestare un uomo così? E’ come quando a scuola si prendeva di mira quello con pochi muscoli e poca ricchezza, evitando invece accuratamente i bellimbusti piuttosto in carne. Ma non sarebbe ora di crescere, diciamo, o magari non c’è nel Lecco qualcuno di grande e grosso che possa dire: “Perchè non te la prendi con me, eh perché?”.

Il disegno sul tema è di Davide Ferrario, 7 anni, che Bergamo & Sport ringrazia