SAM_0794di Marco Bonfanti

Posto che:
1)  Tra noi  (noi del Lecco) e quelli del Pontisola, messi insieme, c’erano dieci punti, però nove erano loro e uno solo nostro. Questo prima della partita, che così loro potevano pure guardarci dall’alto in basso, stavano (loro) ai piani superiori, tipo l’attico e noi giù in cantina. Loro giganti e noi nani. Loro baobab e noi bonsai.

2)  Il loro allenatore durante la partita se n’è quasi sempre stato seduto in panchina, bello tranquillo e rasserenato, e si è alzato solo verso la fine, ma più per sgranchirsi le gambe che per altro. E invece il nostro è sempre stato in piedi, molto esagitato, molto urlante, che diceva a questo e a quello:  “Stai di qua, vai di là, sali o scendi, dritto o storto” e faceva pure ampi gesti con le mani e certe volte erano come dei gesti di rassegnazione. E tutto questo significa che loro, quelli del Pontisola, la lezione l’avevano studiata bene, con impegno, interesse e attenzione, che manco gli serviva il ripasso, e allora il mister maestro, che avrà fatto le sue verifiche,  si poteva fidare dei suoi alunni. E invece i nostri, che devono pure essere un po’ zucconi e sicuramente svagati, non erano stati attenti, forse ridendo e scherzando durante le spiegazioni, e le verifiche erano sicuramente andate male, e allora il nostro, di mister maestro, gli doveva ripetere tutti i concetti da capo, e urlando per farsi sentire da quei disattenti e questa non era una differenza da poco, ma pesava, eccome.

3)  Loro, quelli del Pontisola, per i cambi da fare in corso di partita avevano una lavagna bella, luminosa ed elettronica che i numeri si vedevano bene e quello che usciva dal campo si illuminava di rosso (il numero) e di verde quello che entrava. Invece noi, per questa situazione scambista, avevamo solo un brogliaccio cartonato, risalente ai primordi del calcio, e bisognava girarlo manualmente per far vedere i numeri, che così assai faticosamente uscivano e si vedevano. Cioè era tutto come se loro avessero il vero  bingo e noi la tombola di Natale. E tutto questo può anche apparire come un dato minore, quasi insignificante, ma invece,  per me, indica disparità di ricchezza, che dalle piccole cose si può poi dilagare anche alle grandi.

4) Loro, quelli del Pontisola,ci hanno messo il campo e il pallone, pur con la garanzia che non l’avrebbero portato via in caso di sconfitta ad un certo minuto tot. Quindi loro erano i padroni di casa, signorili, e noi gli ospiti, pure un po’ straccioni. Così, se l’arbitro in un’azione assai simile, a noi ci fa segno di continuare, che nulla ha visto né sentito e a loro invece dà prontamente un rigore, ecco mica ti puoi lamentare più di tanto, sei ospite in casa d’altri e ci vuole una certa educazione. Se,  posti quindi tutti questi accidenti sulla nostra strada impervia, abbiamo portato a casa un pareggio, grande grande merito bisogna pur darlo al Lecco. E non un pareggio fortuito, ma strameritato,  perché abbiamo dominato per gran parte della partita, come del resto riconoscevano i tifosi avversari, con cui noi (i quattro tifosi, ieri solo tre), abbiamo come sempre, e senza barriere, parlato.  Noi, i tre tifosi, la partita, per motivi che spiegherò la prossima volta magari, l’abbiamo seguita attentamente e non ci è sfuggito quasi nulla. L’unico neo, se così si può chiamare, è che non abbiamo capito chi è andato in rete della nostra squadra (ma c’era una certa confusione in area). Però prontamente Beppe ha chiesto a Carlo: “Chi ha segnato?” e lui altrettanto prontamente ha risposto: “Uno del Lecco!”.   E con questa saggia e precisa risposta nella mente, ci siamo,  così rinfrancati, rimessi a guardare.

(nelle foto: Carlo, uno dei nostri quattro inviati lariani sui campi di Serie D e, in alto, la rete segnata dal lecchese Bugno domenica al Pontisola – Foto Alex – )