di Marco Bonfanti
Prima di passare alla serie minore, in cui noi del Lecco siamo umilmente e stabilmente messi, tre appunti sulla massima serie, che riempie sabati e domeniche degli amanti del calcio come noi.
1) La Roma è in testa a un punteggio pieno e tra noi, girovaghi giostrai della serie D, ce n’è uno, Beppe, che, come ho già raccontato, è per definitiva e cocciuta scelta infantile, romanista. Quindi ne dovrebbe godere. Invece, ponendo a quaranta i punti salvezza, dice che alla Roma ne mancano ventidue per essere tranquilli. Lo fa, soprattutto con me, per non ammettere i meriti dell’allenatore, “quello che ha rimesso la chiesa al centro del villaggio”, dacchè per lui e per consolidata convinzione, gli allenatori non servono pressoché a nulla, ma invece in questo caso dimostrano tutta la loro importanza.
2) Ed è proprio sugli allenatori che pongo il mio secondo appunto. L’illustre parente che ho al giornale, e che leggo con piacevolezza, mi descrive una Atalanta in caduta libera e, appunto, un allenatore assai bollito, inseguito pure da rapaci ombre del passato. Mi aspetto così, e contro l’Udinese, l’ennesima caduta, il definitivo inciampo. Invece l’Atalanta vince e vince bene. Ripartenza o è il mio illustre parente che era un po’ prevenuto? Che ha visto, insomma, un po’ troppo oltre?
3) E sul “vedere” stendo il terzo appunto. Tra sabato e domenica guardo tre noiose partite alla televisione (per la precisione Genoa-Napoli, Milan-Sampdoria, Torino-Juventus). Come ho detto, sono partite segnate dalla noia e così il pensiero vaga e fugge via. Penso così ai due miseri sensi che il guardare una partita alla televisione mette in gioco: la vista e l’udito. Due sensi ingabbiati: infatti vedi solo quel che ti fanno vedere (porzioni del campo) e ascolti solo cronaca e commento, che ti propinano i professionisti della parlata calcistica. Penso, di contro, come una partita dal vero, invece, te li susciti tutti e in piena libertà: la vista va dove vuoi tu ed è l’insieme e non il particolare quello che coglie, l’udito recepisce voci, cori, suoni e rumori, ma poi ci metti dentro pure l’olfatto, gli odori dell’erba, dell’autunno e delle persone, il gusto e il tatto, che pur se in retroguardia sono lì con te, pronti, attenti, svegli. Viva quindi le partite viste dal vero, incomparabili con quelle da piccolo o grande schermo che sia.
Dal vero, a noi, ci aspetta domenica la trasferta a Castel Goffredo contro la Castellana. Ieri il Lecco ha vinto, sempre a porte chiuse, contro l’Aurora Seriate e, dato che l’ultima volta avevo posto in cantina l’amata squadra, ora siamo perlomeno al piano rialzato, lì accanto alla portineria. Mancano ancora un sacco di scale. Si può salire, comunque se l’allenatore, come da tempo suggerito da noi viaggiatori competenti, insisterà a mettere due attaccanti, e non uno solo a predicare nel deserto. E nella prima domenica vera d’autunno esco nel mio giardinetto a fumare una sigaretta. Tutto è festosamente avvolto nella pioggia. E allora penso quanto sia più bello il giardino così: piante, fiori, erba, ma persino sedie e tavolo brillano di luce propria, sono lì per sé, si dichiarano per quello che sono, in una bellezza che contiene tutto. Con il sole non è così bello perché è il sole a farla da padrone, le cose sembrano lì solo per dare maggior lustro all’astro che le illumina e le rende vive. E rientrando, penso che ci sia una morale in tutto questo, forse, che non dall’abbondanza, ma dalla privazione nascono arte e poesia. Ma soltanto forse. Poi che a Castel Goffredo il ristorante lo conosciamo già e si mangia bene. Pensieri che vanno. E piove.
NELLA FOTO TOGNOLI: UN’IMMAGINE DI LECCO-AURORA SERIATE, GIOCATA A PORTE CHIUSE