Stamane, tra un’udienza e l’altra, mi è tornata alla memoria una simpatica “barzelletta” più volte ripetuta da mio padre, che recitava più o meno così: passa un ragazzo brutto brutto avanti al bar del paese e un signore fa notare all’amico quanto il ragazzo sia esteticamente poco piacevole e, nonostante questo, frequenti sua figlia; al che l’amico gli risponde dicendo che è il figlio di un riccone della zona e il primo signore ci ripensa e dice: “Beh in fondo non è così brutto “.
Nella semplicità di queste battute, che richiamano un non so che di vecchia cultura popolare, si cela in realtà un mondo di contenuti… pure moderni ahimè.
Quanto contano i soldi oggi? Attenzione: non parlo in termini di “necessità di sopravvivenza, bensì in una prospettiva più etico-sociale.
Ancora oggi nei bar si ode il cicaleccio di chi descrive qualche conoscente come molto ricco e che, pertanto, sarebbe un buon partito per la figlia o la nipote; oppure quante volte assistiamo a scene di commessi evidentemente meglio disposti verso chi nel negozio è arrivato con una Porsche, invece che con una Y10? Non ditemi, poi, che non vi è mai capitato di vedere uomini anziani e poco affascinanti con il macchinone accompagnati da splendide e giovani donzelle. Quante ragazze oggi si lasciano lusingare dalla bella vita e se la tirano pure quando raccontano di “uscire con il figlio dell’imprenditore della zona”?
Io sento o osservo quotidianamente queste vicende e, grazie ad un mio vissuto sociale un po’ particolare, ho il privilegio di rapportarmi e parlare con persone molto diverse tra loro, sia per età, che per sesso, che per “estrazione sociale” e vi assicuro che di fronte al personaggio benestante, troppo spesso la gente prova – più o meno consciamente – una sorta di timore reverenziale.
Di patetico timore reverenziale, mi si permetta!
Io pure l’ho vissuto sulla mia pelle: gente che mi prendeva per il sedere quando raccontavo di pulire i cessi per arrotondare i pochi spicci che da ragazza prendevo nel mentre della pratica forense e, ancor prima, durante la frequenza universitaria e la stessa gente che oggi viene e me lo “bacia” chiedendomi piaceri o complimentandosi per qualsiasi comparsata televisiva. Per la cronaca non ero e non sono nulla di speciale: sono la Vane Bonaiti oggi come allora.
Quindi, cari i miei amici, facciamo mente locale dei nostri atteggiamenti, assicuriamoci di non comportarci da patetici idioti e – prima che lamentarci di politici sbagliati e cose che non vanno – impariamo seriamente a trattare la gente tutta con umiltà e rispetto a prescindere. Abbiamo sempre qualcosa da imparare, forse ancor di più da chi ha meno di noi. Buon tutto a voi.
Vanessa Vane Bonaiti