Tre giravolte in padella nel giro di 24 ore. La Lega (fu Nord) ferma il movimento dilettantistico lombardo. Nulla da eccepire sulla decisione. La situazione epidemiologica è difficile e rischia di volgere al drammatico. Semmai sono da rivedere (eufemismo) le modalità e le tempistiche.
Che fosse una stagione difficile, lo sapevamo tutti. Stop and go a non finire erano già nella mente di presidenti, staff, calciatori e volontari. Nelle ultime 24 ore abbiamo però assistito a un altro stomachevole teatrino dell’assurdo. Giovedì Regione Lombardia pubblica l’ennesima ordinanza per definire le disposizioni relative alle competizioni sportive con particolare riferimento all’accesso del pubblico (quindi si gioca ed entra il pubblico). Venerdì, in tarda mattinata, la prima giravolta: le parole di Fontana, riportate da vari organi di stampa: “Abbiamo pensato che sia opportuno sospendere ogni attività sportiva di contatto, anche per la categoria dilettanti, ma non gli allenamenti“. In serata, il giro della ruota si compie con l’ordinanza numero millemila: “Sono sospese tutte le gare, le competizioni e le altre attività, anche di allenamento, degli sport di contatto, come individuati con provvedimento del Ministro dello Sport del 13 ottobre 2020, svolti a livello regionale o locale ‒ sia agonistico che di base ‒ dalle associazioni e società dilettantistiche”.
Ventiquattro ore per passare da “si gioca col pubblico” allo “stop alle partite ma non agli allenamenti”, per finire allo “stop totale, allenamenti compresi”. Il tutto col consueto cattivissimo retrogusto che vive ormai da anni la popolazione lombarda: una gazzarra politica che vive di social. Buttando lì qualcosa, vedendo le reazioni del “popolo del web” e aggiustando i provvedimenti in base proprio a queste reazioni. Come se un contagio in crescita incontrollata ormai da settimane (senza che nessuno muovesse un dito) si fosse fatto demonio nel giro di una sola giornata.
Gli errori sono da condividere in parte con le istituzioni nazionali e col CRL: prima i mesi di blocco e i lunghissimi studi sulla possibile ripartenza. Poi i tardivi protocolli. Aggiungiamoci (Comitato Lombardo) i controproducenti gironi lunghi e le coppe annesse. Ma non possiamo dimenticarci neppure un Baretti che spingeva per uno stop fino all’inizio del 2021. Col senno di poi (facciamo mea culpa), possiamo dire che su questo aveva ragione.
Ora tre settimane di fermo che certificano una politica opportunista, paurosa e attenta più al futuro voto più che alla prevenzione. Con la quasi certa prospettiva di ripetere a tempo indeterminato il provvedimento del “ministop”. A pezzetti, pensando di farlo meglio digerire. Con la crisi economica di moltissime realtà dilettantistiche che, non dimentichiamolo, svolgono da almeno due decenni una funzione sociale fondamentale nei nostri territori, colmando proprio il vuoto lasciato dalle istituzioni. Le stesse società che hanno speso risorse economiche e umane per rispettare i protocolli e salvaguardare la salute dei nostri ragazzi. Gli stessi presidenti, dirigenti, volontari. Le stesse grandi famiglie che con disponibilità economiche diverse ma un grande spirito di iniziativa, si fanno in quattro per impegnare nel sano sport i Roberto, Giovanni, Mohamed e Carlos. A Grumello, Brembate o Fontanella. Le stesse “piccole” famiglie che investono economicamente per impegnare i propri figli nello sport.
Abbiamo bisogno di politica. Abbiamo bisogno di competenza.
Bergamo & Sport