Il calcio dilettantistico è fermo ai box, illustre vittima della pandemia da Covid-19 che da quasi un anno tiene sotto scacco il pallone bergamasco, nuovamente silenziato dopo l’illusoria ripartenza a cavallo tra settembre e ottobre. Tante le realtà costrette ad adeguarsi ad una situazione complicatissima, tantissimi gli ambiziosi progetti tenuti in naftalina fino a nuovo ordine e, soprattutto, fino al segnale di cessato pericolo. Tra questi è impossibile non menzionare il Torre de’ Roveri – sodalizio presieduto da Cristoforo Giorgi – autentico dominatore del girone F di Prima Categoria prima che il tutto venisse congelato. Insieme a Valentino Patelli, Responsabile Attività di base e Settore Giovanile del club, abbiamo ripercorso queste tribolate settimane fatte di protocolli, di restrizioni ma soprattutto di poco, pochissimo calcio giocato: “Gestire un’emergenza storica di livello planetario come quella in cui ci siamo trovati non è cosa semplice, soprattutto in presenza di un evento sconosciuto cui anche la scienza fatica ancora oggi a trovare contromisure efficaci e dare risposte certe, pertanto non me la sento di dare giudizi sulla gestione (e sarebbe troppo facile farlo con il senno di poi). Ciononostante, a livello sportivo, chi aveva il compito di fornire indicazioni certe alle società, agli atleti e alle famiglie non ha sempre agito in modo chiaro: mi riferisco ai decreti e alle ordinanze che hanno sempre avuto bisogno delle famose FAQ per essere compresi e ai protocolli che hanno avuto bisogno di documenti interpretativi per essere decifrati. Capisco che non sia facile, ma forse a volte chi legifera dovrebbe abbandonare i virtuosismi linguistici e andare al sodo spiegando chiaramente ciò che si può fare e ciò che non si può fare (il pasticcio di ottobre in cui due ministeri dicevano due cose diametralmente opposte è eloquente). Giusta la sospensione? Solo con una buona dote di sprovvedutezza potevamo pensare che sarebbe stata una stagione normale. Ci speravamo tutti: da quel che ho potuto vedere, tutte le società si sono adoperate per seguire al meglio le indicazioni del protocollo e, visto come si era messa a settembre, un po’ ci si credeva. Era una sfida, la determinazione di non mollare, ma l’emergenza ci ha travolto, di nuovo, e allora affetti, salute, lavoro e scuola diventano i valori da difendere e il nostro amato sport diventa sacrificabile. Ci abbiamo provato e, sia chiaro, siamo pronti a ripartire non appena ci saranno le condizioni per farlo in sicurezza, ma oggi non ci sono i presupposti per farlo e per ora è giusta la sospensione”.
Un contesto intricato che non ha però minato di una virgola il grandissimo impegno profuso dalla società già a partire dall’estate: “Ci siamo mossi fin da giugno, alla luce dei primi protocolli, i più ostici, quelli che prevedevano solo attività di tipo individuale, anche per gli sport di squadra. Ma era comunque un’opportunità. Perciò, considerata anche l’assenza di altre attività ricreative sul territorio, abbiamo organizzato il nostro primo Camp estivo rivolto a bambini e ragazzi: è stato un successo e nel frattempo i protocolli hanno anche permesso di riprendere le attività di contatto. Il tutto nella massima sicurezza perché per programmare il Camp abbiamo dovuto redigere un protocollo dettagliato con tutte le misure adottate per soddisfare le richieste dalle normative e implementarle con la formazione degli allenatori-educatori, l’installazione di tutta la cartellonistica informativa, installazione di postazioni igienizzanti, identificazione di percorsi differenziati, attuazione di procedure di sanificazione periodica di ambienti e attrezzature, creazione della postazione di triage per controllo della temperatura, raccolta autocertificazioni, compilazione e archiviazione dei registri di ingresso. Con l’occasione abbiamo identificato una figura interna che, dopo apposita formazione, è diventato il “Covid Manager” societario. Questa esperienza ci ha aiutato a restare al passo con i decreti, le ordinanze e i protocolli che via via si sono susseguiti e quindi è stato “relativamente facile” ripartire a fine agosto con la prima squadra e a settembre con tutto il settore giovanile. Siamo stati tra i primi a riaprire al pubblico adottando tutte le procedure di prenotazione e assegnazione nominale dei posti a sedere numerati previsti dagli appositi protocolli con rilevazione della temperatura a ogni spettatore e archiviazione dei registri di ingresso. Il tutto con un grande sforzo societario, anche economico. Anche dopo la sospensione dei campionati abbiamo continuato l’attività, seppur con le nuove restrizioni, ma sempre nel totale rispetto di decreti e protocolli. Il nuovo stop lascia di certo l’amaro in bocca, ma sapevamo che sarebbero potuti arrivare tempi duri e purtroppo è capitato il peggio. La speranza minima è che si possa ricominciare almeno con le attività di tipo individuale, per offrire quantomeno ai più piccoli la possibilità di praticare attività fisica. “Mola mia” è il motto che accompagna il nostro territorio fin dall’inizio della pandemia: anche stavolta non molleremo”.
Tornando ai fatti circoscrivibili al rettangolo verde, il difensore centrale Marco Vavassori ha raccontato i suoi primi mesi da calciatore del Torre de’ Roveri: “Il Torre de’ Roveri è una società come poche ce ne sono in circolazione, anche in categorie superiori è difficile trovare un club così efficiente e organizzato: una grande famiglia che non ti fa mancare nulla. Fino al momento della sospensione le abbiamo vinte tutte e speriamo di continuare così quando si potrà riprendere a giocare. Siamo un grande gruppo, con giocatori davvero forti dal più giovane al più vecchio. Il mio obiettivo è quello di aiutare la squadra a vincere più partite possibili e sappiamo dal primo giorno che il nostro obiettivo è vincere sia il campionato che la coppa. Dato che la coppa è stata annullata, abbiamo un compito un po’ più semplice”. Il classe 1988, nonché ex tra le altre di Colognese, Pradalunghese e Lemine, ha le idee molto chiare sia sulla sospensione che sull’eventuale ripresa: “Penso che lo stop a mente fredda sia necessario semplicemente perché anche solo avere un positivo in squadra può mettere in difficoltà la nostra vita lavorativa, quella dei nostri compagni e quella dei colleghi di lavoro. Nonostante ciò, penso che lo sport di contatto non sia la causa principale di diffusione del virus. Allo stesso tempo dobbiamo aspettare il momento giusto per ricominciare perché sono completamente in disaccordo con i tamponi ai nostri livelli, perché, come ribadito prima, una positività provoca conseguenze sulla vita lavorativa di tutti. La ripresa? Se ci fosse la possibilità, la stagione deve essere portata a termine come da calendario senza format differenti. Escluderei categoricamente l’indiscrezione secondo la quale si giocherebbero solo i gironi d’andata e poi via con i Playoff e i Playout. Chi ha giocato a calcio è consapevole che in questo modo si falserebbero i campionati. A costo di giocare in piena estate sarebbe corretto disputare tutte le partite, visto che abbiamo già riposato abbastanza. Poi, a noi importerà poco perché le vinceremo tutte, come da obiettivo che ci siamo prefissati”.
Michael Di Chiaro