di Luca Del Monte Van den Berg
L’inglese è la lingua della semplicità, dell’immediatezza, della tecnologia; il tedesco è la lingua della filosofia; il francese è la lingua della classe, dell’eleganza. La lingua italiana è una bella lingua. E’ la nostra. E’ la lingua dell’arte e della poesia ma anche della sensualità (guardatevi “Un pesce di nome Wanda” in lingua originale e avrete delle sorprese). Dovremmo essere grati a Dante(Alighieri) e ad Alessandro (Manzoni) per averci lasciato in eredità uno strumento tanto bello quanto potente e non solo criticarli per avere scritto la madre di tutte le telenovele, il secondo, e 66 canti di troppo, il primo. Siamo onesti: l’Inferno spacca ma Purgatorio e Paradiso ammorbano notevolmente. In ogni caso entrambi si stanno vorticosamente rivoltando nella tomba osservando l’uso che ormai stiamo facendo della (anche)loro lingua.
Perché siamo dei furbacchioni noi italiani o almeno pensiamo di esserlo. Qualche settimana fa è saltata fuori la notizia di un gruppo di netturbini assenteisti che sono stati beccati perché nelle strade della loro città si stavano formando ovunque montagne di rifiuti. Volete fare i furbi? Almeno fatelo bene! Come pensavate di non essere beccati se ve ne state sempre e tutti a casa invece di ritirare la monnezza? Fate a turno, fate un giorno sì e uno no… Insomma, quando noi italiani vogliamo fare i furbi lo facciamo in quel modo lì, come quei netturbini. Netturbini. Ecco quello che intendevo: perché non li posso chiamare spazzini? Tra l’altro mi sa che non va più bene neanche netturbini. Operatori ecologici. E le bidelle? Personale non docente. Gli handicappati? Diversamente abili. Tu queste categorie le puoi pagare sempre meno, vessare di tasse sempre di più, gli puoi togliere diritti acquisiti e quant’altro ma se gli dai questa enorme iniezione di dignità cambiandogli il nome te li fai amici (e li tieni buoni) per sempre.
Vuoi andare di cementificazione selvaggia? Nessun problema. Prendi nota di quello che c’era prima dell’arrivo di ruspe e betoniere e chiama così il quartierino residenziale semiabusivo: La Pineta, I Giardini, Il Querceto… Ci cascheranno tutti. Non fraintendetemi, non pretendo che un quartiere venga chiamato Residence Malta Bastarda ma ci può essere una via di mezzo tra onestà intellettuale e presa per i fondelli oppure no?
E in politica? Sei un partito che non ha più nulla da dire, che è stato devastato dagli scandali e che conta come il due di picche? Non cambiare programmi, non cambiare gli uomini: cambia il nome! PCI, PDS, DS, PD, DC… L’inciucio? Diventa “larghe intese”. Il razzismo? Diventa federalismo. Una puttana se la carico in macchina io è una puttana. Se se la carica Silvio è una (Ford) Escort.
Il sistema scolastico italiano fa schifo? Il problema è il nome! E vai col cambiamento epocale! La riforma della scuola! Ecco quindi che la scuola elementare diventa scuola primaria di primo grado e i bambini come d’incanto diventano più bravi e i docenti più contenti! E via così in tutte le scuole dell’ex regno di ogni ordine e grado. Grande e meritorio il lavoro dei vari Ministri dell’Istruzione (Ministero che col tempo ha cambiato nome per funzionare meglio…)
Vado al potere perché ho promesso di spazzare via una manciata di tasse odiose e il popolino l’ha bevuta? Cambiamo il nome alla tassa così quei fessi che mi hanno votato continueranno a farlo mentre quei fessi che non l’hanno fatto cominceranno. E lo stato non ci rimette un euro. Via l’ICI, dunque, la tassa sulla casa. Ecco l’IMU, la tassa sulla casa. Qualcuno si accorge che lo stanno prendendo per il culo e comincia a protestare. E quindi per fortuna via l’IMU, la tassa sulla casa ed ecco la TASI, la tassa sulla casa… Un referendum popolare spazza via con percentuali bulgare il finanziamento pubblico ai partiti? E i partiti gli cambiano nome in “rimborso elettorale”.
Gli inglesi dicono che se mia nonna avesse i baffi sarebbe mio nonno. Da noi no. Ci lasciamo convincere che sia comunque nostra nonna. Ci vogliamo credere. E’ più semplice, meno impegnativo.
Leggi il nostro amato giornaletto locale, il bollettino parrocchiale cittadino e ti metti le mani nei capelli. La tanto vituperata Pravda che quando un leader del Pcus stava per morire scriveva che era a casa col raffreddore in confronto gli fa una pippa. E Pravda significa “verità”. L’Eco invece lo chiamiamo “bugiardino”. Un caso? Qualche giorno fa, tra morti, Case in festa, indiani che cambiano generalità, le consuete 3-4 pagine su San Papa Giovanni icsicsiii e le ordinazioni dei preti novelli ci informava che la Fondazione MIA aveva appena donato qualche milione di euro per poter procedere con il restauro del meraviglioso Monastero di Astino. Caspita! E giù un paio di pagine di lodi sperticate alla MIA. Ma come è brava la MIA! Ma meno male che c’è la MIA! Ma com’è generosa la MIA! Ah se tutti facessero come la MIA. Ma cos’è la MIA? La MIA è la Congregazione della Misericordia Maggiore. Una “fondazione” cattolica… sostanzialmente una delle tante scatole cinesi di cui si compone il potere economico della chiesa bergamasca. Ma soprattutto è la proprietaria del Monastero di Astino. Capito bene? E’ un po’ come se qualcuno mi definisse un virtuoso, un esempio da seguire, un eroe… perché dopo aver deciso di comprarmi una casa me la pago anche di tasca mia. Come vi suona la cosa? Strana? A me più che suonare strana puzza. E credo che puzzi un po’ a tutti, tranne evidentemente alla MIA, all’Eco e all’ex ministro Scajola.
E nello sport? Nel calcio? E’ fuori luogo disquisire di parole riferendosi ad un mondo i cui protagonisti vantano vocabolari di 40-45 termini al massimo? (fate caso in una qualsiasi intervista a quante volte venga ripetuta , generalmente a sproposito, la parola “importante” da un giocatore o un allenatore). Un mondo nel quale ormai i telecronisti, quelli che in fondo dovrebbero saper parlare, usano solo il presente indicativo: “Ah peccato! Se Tizio controlla meglio la palla Caio non gliela tocca e arriva sicuramente a Sempronio che fa gol”. Sì, vale la pena disquisirne un pochetto. Tavecchio. Tavecchio è il presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio. “Giuoco” con la U mi raccomando, fa più colto. E’ il capo della seconda industria italiana per fatturato. Tavecchio è quello che prima di essere eletto dichiarò, tra le altre cose, che in Italia giocano calciatori che di nome fanno Opti Pobà che fino a qualche mese prima mangiavano le banane. Frase un filino razzista? O meglio, come si dice nel mondo del calcio, un filino territorialmente discriminatoria? (Hanno imparato anche loro a giocare con le parole). Vedete voi. Lui si è difeso (e lo hanno difeso) dicendo che non è un razzista, il fatto è che fa un po’ fatica a parlare perché è un uomo semplice, o meglio un sempliciotto…ma ha altre qualità. Mi domando quali. Forse quelle che emersero qualche mese prima quando dichiarò di essere stato convinto che le donne fossero handicappate ma di essersi poi ricreduto. Ecco, ha sbagliato anche in questo: per una volta che ci aveva preso si è ricreduto. Scherzo sciocchine, non fate così. La questione però è un’altra: il suo è un ruolo “di rappresentanza”, il suo ruolo è farsi portavoce, è parlare. E non lo sa fare. Quando apre bocca fa danni. Ma l’hanno eletto lo stesso. E l’hanno eletto perché lui in fondo ben rappresenta il mondo del calcio: ignorante e ipocrita.
E’ davvero un peccato che le parole vengano usate così; potremmo definire “Guinnes dei Primati” una birra scura per scimmie e farci quattro grosse e grasse risate (non è strabella? Non è tanta roba esser sempre sul pezzo? Devasto!) e invece ci tocca farci marcire il fegato assistendo impotenti a questa strategia di falsificazione della realtà che trova campo aperto grazie alla ormai compiuta opera di rimbecillimento generale globale totale messo in atto negli ultimi 20-30 anni nel nostro Paese.
A margine, ma nemmeno troppo, di tutto ciò tocca riferire della polemica sugli orti sociali di Mozzo. Il comune ha assegnato dei piccoli lotti di terreno in zona Borghetto a chi ne ha fatto richiesta. L’iniziativa ha avuto un gran successo e ha fatto felici molte famiglie che magari non hanno o non possono permettersi un giardino. Il tutto a costo zero per la collettività, aspetto che in un momento di crisi non è di poco conto. Ma a qualcuno la cosa non è andata giù. Ai verzieri e ai fruttaroli della zona? No. Ai vippissimi abitantini del quartierino del Borghetto. Puzza, sporcizia, schiamazzi, disordine, impatto visivo… chi più ne ha più ne metta. Si riferiscono agli orti non ai capannoni industriali o ai locali notturni adiacenti. Quelli non danno loro alcun fastidio.
Tra le prime dotte contestazioni c’è il riferimento al fatto che questi orti sono “sociali”, terribile parola di chiara origine bolscevica che fa da ovvio presupposto all’esproprio proletario, allo stupro di massa, ad una terribile inondazione, ad una invasione di cavallette, pulizia etnica e per finire all’ecatombe nucleare. Ma se anche così non fosse è risaputo che i comunisti mangiano i bambini. Ci sono le prove e l’ha detto anche Silvio che di minori è grande esperto. In effetti è vero: mangiano, i bambini. I bambini mangiano. I bambini, coi loro genitori vanno in quegli orti e arano, seminano, innaffiano, guardano crescere le piantine, nascere i fiori, crescere i frutti. I bambini mangiano quei frutti. E si nutrono di tutte le lezioni che imparano in quegli orti e che permetteranno loro di essere quasi certamente dei bambini migliori di quelli padroniacasanostra educati da tv e playstation che abitano poco più in là, nel Querceto, nel Pioppeto, nel Borghetto, protetti da un muro alto 3 metri, con in cima vetri rotti e filo spinato. Mi piace pensare che quel muro protegga noi da loro. Perché tra le altre cose i borghe(tte)si hanno chiamato questi orti “degrado”. Avete capito bene. Credo che definire degli orti urbani “degrado” sia semplice e purissimo distillato d’ignoranza. La più becera. Lorsignori temono che la presenza degli orti svaluti le loro fortificatissime villette. Non capiscono che se il mercato immobiliare è in coma e i loro sciccosissimi bunker valgono la metà di quello che li hanno pagati è perché nel corso degli anni si è costruito 3 volte di più di quella che era la domanda di abitazioni e si è comprato a prezzi fuori da ogni logica. Cessi spacciati per case peraltro. No, ma la colpa è delle mamme e dei papà che nel fine settimana portano i loro bimbi a coltivare 10 mq di prato. Prato che i borghettesi considerano di loro proprietà in base non si sa bene quale principio.
In ogni caso questo fine settimana, Sabato 1, gli orticoltori sociali festeggiano. Comunisti e non. Cercate Chitarre e Zappe su faccialibro. Andate. Andate a conoscerli e a toccare con mano il degrado. Ma vi do una dritta: resterete delusi se pensate di trovare pericolanti strutture abusive in eternit o vasche da bagno arrugginite usate come abbeveratoi. Sono solo degli orti e delle persone a modo che se ne sono prese cura.