di Marco Bonfanti
Parto, nel figurone di questa volta, da un’affermazione piuttosto forte e decisa. Io spero che Nardi Mattia, dell’Aurora Seriate, conduca, in qualche recondito spazio del suo tempo, una vita spericolata e dissoluta. Niente di particolarmente eclatante: che passi, a piedi o in bicicletta, con il rosso, che superi, anche se di poco, i limiti di velocità, che beva, ogni tanto, una qualche birra non analcolica, che si accompagni, anche saltuariamente, con ragazze procaci e formose.
Eh sì, perché il Mattia visto domenica è veramente tutt’altro.
E lo è, pur che porta il dieci, il numero dei grandi artisti e fantasisti, da Maradona a Totti, da Baggio a Del Piero. Cioè di gente che dei confini se ne fregava, che era pronta, e lo è tuttora, a volare dalle parti del sole, a costo di bruciarsi le ali.
Quelli insomma del genio e sregolatezza, cosa che al Nardi Mattia non appartiene manco da lontano.
Diciamo, è una nostra supposizione che ricaviamo dall’averlo visto domenica, che lui invece è ciò che ogni insegnante vorrebbe come alunno, ogni genitore come figlio ed ogni allenatore come giocatore della propria squadra.
Perché Mattia è anzitutto ordinato, di quell’ordine tranquillizzante a vedersi, che dà pace. Egli nelle geometrie della squadra è sempre nel posto giusto, cioè dove dovrebbe stare e ci sta con naturalezza, in modo tale da dettare il passaggio e smistare la palla al compagno meglio messo in campo.
Poi è preciso, prende la palla e non cincischia con essa, anzi con rapidità e preciso senso del tempo ne fa un lancio lungo o un tocco laterale, laddove la sfera proprio dovrebbe andare.
E in tutto questo si muove con passo leggero, senza imporre la sua presenza, ma anzi quasi danzando, con movimenti plastici e un’andatura in punta di piedi.
Ed è particolarmente ligio al compito ricevuto che è quello di sostare a centrocampo, senza tentare pericolose avventure in avanti, laddove si va senza cognizione di causa, così un po’ allo sbaraglio, cosa da evitare insomma se il tuo compito è quello, e non un altro, di far ripartire la squadra, quando essa entra in possesso di palla.
Ed è questa ubbidienza al ruolo che nella partita di domenica, ci ha veramente incantato in Mattia.
Anche perché, tra l’altro, Mattia è un giovane, avendo solo diciannove anni. E cioè quell’età in cui si preferisce galoppare che muoversi con cautela, lanciarsi nell’avventura piuttosto che idearla o prepararla, varcare i confini e non rimanere calmi prima della frontiera. Eppure lui rispetta invece le consegne e staziona, in bello stile, nel cerchio del campo che gli è stato assegnato. E noi lo ammiriamo. Vedendolo così calato nel ruolo, ci viene da pensare che se fossimo stati come lui, forse sarebbe stato tutto diverso. Non ci troveremmo, in questa età matura, a pensare che volevamo cambiare il mondo ed invece è stato il mondo a cambiare noi.
Se avessimo fatto come lui, ed avessimo avuto quella pazienza, quel senso dell’attesa che si sono sempre mancati.
Ma siamo stati diversi.
Per questo ci viene, infine, da dire che speriamo per Mattia uno spazio spericolato. Che non si limiti, per vedere la porta, a tirare delle invitanti punizioni.
Che, insomma, trasgredisca un po’. Se non in campo, che non si può, almeno fuori. Uscendo, sotto la pioggia senza l’ombrello. Mangiando qualcosa che si sa che fa male. Tuffandosi in mare da uno scoglio. Rosicchiandosi le unghie. Insomma non cose grandi. Cose così.
NELLA FOTO TOGNOLI – Mattia Nardi in azione domenica a Lecco