di Marco Bonfanti

Capita, a noi persone normali, di fare delle figuracce, magari dicendo cose giuste nel momento sbagliato o con tono ingiustamente offensivo, oppure facendo dei gesti non appropriati  al contesto in cui ci si trova. Insomma capita. Solitamente, almeno per noi persone normali, la figuraccia genera poi un senso di frustrazione e mortificazione. Ci si sente profondamente stupidi, allora si cerca di cancellare la nostra presenza, di farci piccoli piccoli ed insignificanti, quasi di sparire. Questa è per l’appunto la logica usuale della figuraccia. Ecco, io amo particolarmente i portieri perché a questa logica non sottostanno per niente. Capita anche a loro di fare delle figuracce e prendere dei gol da pollo, tra cui il mitico in mezzo alle gambe. Eppure, immediatamente dopo, sono nuovamente sicuri di sé e reattivi  agli attacchi avversari. Questo è ciò che me li fa amare, la diversità netta sulle conseguenze di una figuraccia. E amando perciò i portieri, andavo da tempo pensando di inserirne uno tra i figuroni. E ieri l’ho trovato, Filippo Pelati, estremo difensore del Mapello  Bonate.  E questo, sia chiaro, non per via di una sua figuraccia. Anzi, nell’incontro con il Lecco, il nostro portiere si è dimostrato preciso e puntuale in ogni fase, alquanto ventosa, dell’incontro. C’è da dire, per sincerità, che gli avanti del Lecco non è che si siano particolarmente prodigati a cercare e far partire dei tiri efficaci. Si muovevano bellamente di qua e di là, di su e di giù, ma poi arrivavano nei pressi della porta con le armi spuntate e le pistole caricate a salve. Comunque, un qualche tiro, più o meno sghembo, l’hanno pur fatto. E Filippo vi si è opposto con fermezza e decisione, lasciando, come si dice, inviolata la propria rete. Che abbia afferrato la palla in presa diretta o che l’abbia elegantemente respinta, è stato un guardiano attento, sicuro di sé e invalicabile, come un passo alpino in pieno inverno.

Eppure non è per le sue indubbie doti calcistiche che abbiamo scelto Filippo come figurone. Ci ha spinti un altro motivo: la sua sgargiante, ma pur tenue, divisa. Filippo Pelati si è infatti presentato all’incontro con il Lecco, indossando un completo rosa, e per completo intendiamo davvero un tutto, maglietta calzoncini e calzettoni.  Non essendo per niente addentro alle segrete storie degli indumenti calcistici, non sappiamo come la rosea divisa sia finita sul corpo del nostro giovane portiere. Magari non è stata una scelta sua, ma della società di appartenenza che, nel comprare lo stock di maglie per l’intera squadra, ha avuto un congruo sconto perché il colore della divisa del portiere non era fra i più richiesti.   Oppure quel colore sulle spalle del portiere riveste, sempre per la società, una particolare simbologia. Magari quella di un’aurora che, con delicati colori primaverili ,investe i paesi bergamaschi, insomma un’alba radiosa e promettente di sole. Magari sarà pure così. Però a noi piace pensare che quel colore l’abbia scelto il portiere stesso, che sia stato cioè proprio Filippo, nella sua bella gioventù, a decidere di coprire la pelle da estremo difensore di un colore così controcorrente.  Ai miei tempi d’infanzia, quindi tempi lontani, che io mi ricordi i portieri si vestivano di nero. Il nero era il colore della virilità, del resto il portiere doveva rimanere sempre freddo, pronto, anche se inoperoso per larghi tratti della partita. Poi vennero i colori e le divise dei portieri presero dal’arcobaleno le più diverse tinte. Quindi ne avevamo già viste di tutti i colori.  Un rosa completo mancava però alla nostra enciclopedia calcistica e pure alla nostra immaginazione.  E quel rosa ieri era veramente bello. Perché dava un tono di leggerezza e di frivolezza ad un ambiente che è così spesso cupo. Ad un ambiente che crea frustrazione, rammarico e rabbia, quel rosa era lì per rendere tutto vaporoso, e di un vapore leggero. Poi, inutile negarlo, quel rosa così poco virile ci piaceva anche per il carattere simbolico che rivestiva: il gioco sarà pure un gioco maschio, ma metterci dentro un qualcosa di tanto squisitamente femminile non guasta proprio.

E poi la partita è finita ed il Lecco ha perso la sua terza gara consecutiva. E i tifosi l’hanno presa male e dura, e poi i calciatori a fine partita, sono andati dagli ultras a spiegare non so cosa (forse che gli tirava vento durante la partita) e sembravano volare parole grosse.  Ma noi, che pur stiamo con il Lecco, eravamo già altrove. Stavamo, come ci ricordava Renato Zero tempo fa, “sospesi su di una soffice nuvola rosa”. Rosa come il portiere che vedevamo uscire nel suo pallido, ma pur così pieno, colore.