Un altro atto d’accusa da parte dei medici nei confronti dei vertici regionali, in una lettera indirizzata al governatore Attilio Fontana e all’assessore al welfare Giulio Gallera, arriva proprio in queste ore dalla FROMCeo, la federazione dei medici chirurghi e odontoiatri della Lombardia.
Perché la strage si è verificata da noi con numeri senza eguali non solo nelle regioni vicine, ma in tutto il mondo? Per un’emergenza sanitaria dovuta al fatto che “la sanità pubblica e la medicina territoriale da molti anni sono state trascurate e depotenziate”, spiegano i firmatari, i presidenti degli ordini provinciali, tra cui il nostro Guido Marinoni.
C’è di più, sette punti che qui riassumiamo, da leggere per farsi un’idea sulla situazione in cui si sono trovate le nostre valli e la nostra città a livello sanitario, realtà così fotografata: “Una situazione disastrosa in cui si è trovata la nostra regione, anche rispetto a realtà regionali vicine, che può essere in larga parte attribuita all’interpretazione della situazione solo nel senso di un’emergenza intensivologica, quando in realtà si trattava di un’emergenza di sanità pubblica. È evidente l’assenza di strategie relative alla gestione del territorio, nonostante l’ottimo intervento sul potenziamento delle terapie intensive e semi intensive, per altro reso possibile dal sacrificio dei medici e degli altri professionisti sanitari”.
Dopo il drammatico quadro in cui ci troviamo, gli sbagli fatti secondo i nostri medici. «La mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia, legata all’esecuzione di tamponi solo ai pazienti ricoverati e alla diagnosi di morte attribuita solo ai deceduti in ospedale. I dati sono sempre stati presentati come “numero degli infetti” e come “numero dei deceduti” e la mortalità calcolata è quella relativa ai pazienti ricoverati, mentre il mondo si chiede le ragioni dell’alta mortalità registrata in Italia, senza rendersi conto che si tratta solo dell’errata impostazione della raccolta dati, che sottostima enormemente il numero dei malati e discretamente il numero dei deceduti».
Poi, tra le pieghe delle parole dei nostri dottori, tornano tanti episodi raccontati anche dal nostro giornale, su tutti… «l’incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio» e «la gestione confusa della realtà delle Rsa e dei centri diurni per anziani, che ha prodotto diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di vite umane. Nella sola provincia di Bergamo 600 morti su 6000 ospiti in un mese».
Un lungo capitolo è dedicato alla salute dei medici, uccisi, tantissimi, da questa epidemia. «La mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio (Mmg, Pls, Ca e medici delle Rsa) e al restante personale sanitario. Questo ha determinato la morte di numerosi colleghi, la malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle prime fasi dell’epidemia».
Quindi il caso tamponi. «La pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica, ad esempio negli isolamenti dei contatti, nei tamponi sul territorio a malati e contatti, eccetera». «La mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari del territorio e in alcune realtà delle strutture ospedaliere pubbliche e private, con ulteriore rischio di diffusione del contagio».
In ultimo, non certo per importanza, il problema dei posti letto. «Il mancato governo del territorio ha determinato la saturazione dei posti letto ospedalieri con la necessità di trattenere sul territorio pazienti che, in altre circostanze, avrebbero dovuto essere messi in sicurezza mediante ricovero».
Perché questa lettera? Sipario sull’obiettivo dei nostri dottori: “La presa d’atto degli errori occorsi nella prima fase dell’epidemia può risultare utile alle autorità competenti per un aggiustamento dell’impostazione strategica, essenziale per affrontare le prossime e impegnative fasi”.
Quali le proposte per uscire da questa emergenza? Tante, tra le altre, “sottoporre tutti a test rapido immunologico, una volta ufficialmente validato, e, in caso di riscontro di presenza di anticorpi, sottoporre il soggetto a tampone diagnostico. In caso di positività in assenza di sintomi potrebbe essere da valutare la possibilità, in casi estremi con l’attribuzione di specifiche responsabilità e procedure, di un’attività solo in ambiente COVID, sempre con protezioni individuali adeguate. Il test immunologico andrebbe ripetuto con periodicità da definire negli operatori sanitari risultati negativi”.
Un lungo paragrafo riguarda anche la ripresa del lavoro, che “dovrebbe essere subordinata all’effettuazione del test immunologico. È evidente come tale procedura comporti un rilevante impiego di risorse, soprattutto umane, ed è altresì evidente come la stessa, al momento, sia l’unica atta a consentire la ripresa dell’attività lavorativa in relativa sicurezza. A tale scopo Regione Lombardia dovrà mettere in campo tutte le risorse umane ed economiche disponibili”.
Matteo Bonfanti
Nel link seguente trovate la lettera dei medici con tutti i firmatari https://portale.fnomceo.it/fromceo-lombardia-nuova-lettera-indirizzata-ai-vertici-della-sanita-lombarda/