Domenica sveglia alle 9.15 per andare a fare shopping a Orio con mia mamma e mia sorella fino alle 11.45, quando il papà mi viene a prendere in moto per andare allo stadio o, come si dice qui a Bergamo, per andare “all’Atalanta”. Perché oggi non è una partita qualunque, è LA PARTITA.
Non battiamo la Juve da 18 anni, e, anche se non ho mai visto l’Atalanta battere questa squadra, anche io, come tutti gli altri atalantini, desidero la vittoria e sento che può finire a nostro favore. Pranzo con amici di mio papà, uno dei quali juventino ma comunque simpatico, nel ristorante di fronte allo stadio; pizza, coca cola (per me) e, ovviamente, birra (per mio papà ed i suoi amici). Dopo una lunga attesa, entriamo allo stadio e io raggiungo mio cugino vicino agli ultras, dove vado solo nelle occasioni speciali, e ci distribuiscono le aste per la coreografia che accompagnerà i giocatori in campo. Pochi minuti dopo il calcio d’inizio gli avversari esultano per un nostro autogol, ma la tifoseria e la squadra bergamasca non si perdono d’animo e giocano per tutto il primo tempo con grinta, infatti arriva anche il gol di Zapata, il nuovo Papu, quello di due anni fa. E non bisogna arrabbiarsi se il Papu non segna più, è diventato trequartista e quindi è ovvio che, giocando più indietro, faccia anche più fatica a segnare.
Nel secondo tempo entra un’Atalanta ancora più determinata a portare a casa questa partita e infatti arriva il secondo gol, sempre del nostro mostro. Lo stadio esplode, aspettavano tutti questo momento da troppo, e ci godiamo questi 25 minuti di gloria finché Allegri fa entrare Ronaldo e in un certo senso sono felice perché il giocatore più forte al mondo sta giocando a Bergamo, però la sua presenza mi fa preoccupare e infatti… 10 minuti dopo che è in campo la mette in rete. Il secondo tempo si chiude con un gol loro annullato e quindi un pareggio, 2-2 per il terzo anno di fila, e un po’ di amarezza per quella vittoria che non è ancora arrivata.
Anna Arsuffi