Zogno

– Era un mister vecchio stampo, di quelli un po’ burberi, ma dal cuore d’oro. Così lo raccontano i tanti amici, colleghi e addetti ai lavori del calcio dilettantistico bergamasco che oggi piangono Giuliano Bertola, originario di Villa d’Almè ma da sempre residente a Zogno, che si è spento domenica all’età di 72 anni, compiuti solo il 5 marzo scorso. E’ volato via velocemente, solo dopo una settimana di ricovero all’ospedale Papa Giovanni XXIII e a portarselo via è stata una polmonite: «E’ successo davvero tutto troppo all’improssivo – racconta la figlia Paola che, insieme al fratello Roberto si è stretta al dolore della mamma Bianca -. Mio papà era in salute, stava bene, non aveva nulla. Poi, pochi giorni fa, una banale influenza e il ricovero. Da quel giorno non si è più ripreso».
Giuliano era conosciuto e benvoluto in tutta la nostra provincia, perchè moltissime erano le squadre che ha allenato e, soprattutto, traghettato verso la salvezza. “Il Mago di Zogno”, questo era il suo soprannome, titolo di cui si faceva giustamente vanto perché tante, tantissime erano le compagini che aveva raccolto a un passo dallo sfacelo, portandole alla salvezza. Re delle categorie più basse, dalla Terza fino ad un’esperienza in Promozione, Bertola eveva mosso i primi calci da talento del settore giovanile dell’Atalanta, per poi calcare i rettangoli verdi dei campi dilettantistici prima da calciatore (vedi l’esperienza del Villa d’Almè quasi a fine carriera), poi da allenatore. Caprinese, Virtus Petosino, Valle Imagna, Villese, Brusaporto, Sforzatica, Bonate Sopra e di nuovo Sforzatica sono le squadre che lo hanno avuto al timone dal 1996 al 2008. Una passione, quella per la palla rotonda, che lo ha accompagnato per una vita intera: era il suo primo pensiero alla mattina e l’ultimo della sera e, anche ora che aveva scelto di ritirarsi dai palcoscenici, rimaneva comunque uno spettatore attento e critico delle partite che andava a vedere o di quelle che commentava nei salotti di Bergamo Tv dove veniva invitato in qualità di esperto. Perché sì, un esperto lo era davvero: grande conoscitore del calcio giocato, appassionato di statistiche e numeri, conosce alla perfezione le avversarie da incontrare sul campo e i giocatori migliori da comprare. «E’ stato un grandissimo amico di mio padre – racconta Nicola Rota, figlio di mister Ruperto -. Si sono conosciuti negli anni ’70 sui campi da calcio e sono sempre rimasti legatissimi, tanto da legare anche le rispettive famiglie. Era un grande amico, una persona buona e sincera. Io e la mia famiglia gli eravamo legati da sempre con un rapporto stretto e speciale. Questa notizia infatti ci ha davvero gettati nello sconforto. Ora il nostro pensiero va a Bianca e ai suoi figli».
«Per Giuliano il calcio era la vita, non si può dire altrimenti – racconta Giuseppe Nicoli, direttore generale della Dir Sport -. Anche adesso che si era allontanato dal calcio giocato, era rimasto comunque in contatto con tutti e amava spendere il suo tempo libero per andare a vedere le partite, non riusciva a stare lontano dai campi. Lui era conosciuto come il mister che aveva allenato moltissime squadre, parecchie delle quali salvate nelle ultime giornate dalla retrocessione. Da qui la sua definizione di mago. Era una persona buona e schietta, positiva e di lui mi resta davvero un grande ricordo». Un mister arcigno e appassionato, ma che al triplice fischio, non mancava mai di esprimere con abbracci e strette di mano l’amicizia ai colleghi: “Abbiamo perso una persona davvero speciale, un uomo speciale – racconta Nado Bonaldi -, che, al di là della competizione era davvero un signore. Ricordo di averlo incontrato spesso da avversario e ricordo benissimo le strette di mano e gli attestati di stima a fine gara. Era un uomo leale, onesto e sincero. Lo definirei un vero signore, una persona che mi faceva piacere sentire telefonicamente e vedere ai corsi di aggiornamento e anche in sede, era sempre stato vicino alla nostra associazione e vi partecipava attivamente”.
Un uomo sincero, che non aveva peli sulla lingua, molto onesto e schietto: «Sì, direi che queste sono le parole che meglio lo definiscono – racconta Claudio Allievi, mister degli anni ’80 -. Era un vero uomo di campo, a tratti anche burbero, ma buono. Io lo ricordo in tre aggettivi: spigoloso, diretto e onesto. Ricordo benissimo quando io e Monzani, negli anni di Rotondo, lo incontrammo per proporgli la panchina. Accettò senza molti giri di parole, ma del resto quello era il suo stile». Uno stile inconfondibile, che non passava certo inosservato: «Io l’ho sempre chiamato il “sergente di ferro” – racconta Ezio Cingarlini -, perché negli spogliatoi portava ordine e disciplina, due fattori determinanti per raggiungere gli obiettivi. Eravamo grandi amici, pur non essendoci mai incontrati in campo né da giocatori né da avversari in panchina. Ci vedevamo spesso nella sede dell’associazione allenatori e non mancavamo mai di sentirci telefonicamente per darci consigli su squadre e giocatori, ma anche per fare due chiacchiere. Era un uomo estremamente onesto e schietto, una persona per bene. Quello che posso dire di lui è certamente che il calcio era tutta la sua vita». Poi c’è anche chi come Giovanni Capoferri, al vertice della sezione provinciale della LND, lo ha avuto anche compagno di squadra: «Lo ricordo come un grande compagno di squadra, come un buon centrocampista di quel Villa d’Almè dove io arrivai alle prime armi, avevo 17 anni ed ero alle prime esperienze, e lui invece era quasi alla fine della sua carriera. Erano i tempi di Giovinetti come presidente, di Bugatti mister e di giocatori del calibro di Ruperto Rota, Amoroso, Beppe Locatelli e Manzoni. Passati gli anni, siamo rimasti amici anche lontano dai campi da gioco e l’occasione era sempre gradita per parlare di calcio. Di lui ho un grande ricordo, sia da amico che da uomo di sport». E per Beppe Baretti, numero uno del CRL, è stato anche un amico d’infanzia: «Abbiamo fatto insieme il primo anno di ragioneria. Me lo ricordo bene, da studente. Lui, ai tempi, giocava nelle giovanili dell’Atalanta e mi ricordo che un giorno in cui c’era sciopero a scuola, nel lontano ’63, eravamo corsi a vedere la partita dei nerazzurri e lui giocava prima della prima squadra. Sul campo non l’ho mai incontrato, ma fuori assolutamente sì. Ho un grande ricordo di Giuliano e posso dire che a nome di tutto il Comitato Regionale faccio le mie più sentite condoglianze alla sua famiglia».
La salma di Giuliano Bertola è stata composta nella chiesina di Zogno e sarà cremata. Solo quando le condizioni generali miglioreranno sarà probabilmente possibile pensare ad una cerimonia funebre religiosa per salutare per l’ultima volta uno dei mister che hanno fatto la storia del nostro calcio dilettantistico.
Monica Pagani