Sono un portiere di 29 anni che milita da ormai dieci anni nelle massime categorie del calcio dilettantistico bergamasco (decennio cominciato con due anni di serie D “da giovane” e proseguito con 7 stagioni consecutive in Eccellenza, prima dell’attuale assaggio di stagione iniziato in Promozione). Quella che propongo è una riflessione sul ruolo del portiere in relazione alla tanto discussa regola dei giovani. Riflessione che ho maturato nel corso di questi anni, condividendola con molti “colleghi” e addetti ai lavori. Quando affrontavo questo argomento, però, mi sono via via reso conto che gli unici che veramente comprendevano la mia prospettiva erano soltanto quelli che il ruolo l’avevano ricoperto prima di me. Per questo motivo, voglio essere portavoce di questo comune sentire tra numeri 1, sperando possa essere da stimolo per una riflessione profonda sulle modalità con le quali vengono scritti i regolamenti. E magari possa portare beneficio a molti ragazzi che inseguiranno gli stessi miei sogni nei prossimi anni…
Nel corso delle stagioni trascorse sui campi della provincia bergamasca (e non solo) ho potuto raccogliere pareri diversi sulla “regola”: giocatori, allenatori, direttori sportivi e presidenti, spesso concordi sulla necessità di rivisitarne il formato, considerato da parecchi poco formativo in quanto obbliga molti allenatori a schierare ragazzi non pronti alla categoria, sia fisicamente che mentalmente, per poi “bruciarli” non appena la regola finisce e mandarli in categorie inferiori (a volte addirittura direttamente dalla serie D alla Prima Categoria).
All’interno di questo quadro generale, però, un aspetto che pochi considerano, e sul quale voglio focalizzare la mia attenzione, è quello legato alla figura del portiere. Quello che la regola provoca per noi portieri è, infatti, un vero e proprio imbuto alla possibilità di scalare le categorie: una sorta di muro che è in gran parte causato proprio dalla regola dei giovani, che ha consolidato nel corso del tempo la serie D come categoria quasi interamente occupata da portieri “under” (nell’ultima giornata del girone B di serie D, quello lombardo, sono entrati in distinta soltanto 6 portieri “vecchi” su 36, di cui solo 3 partiti dal primo minuto!). Una conseguenza, questa, peraltro inevitabile vista l’imposizione da parte del regolamento della LND di 4 ragazzi “under” nell’undici titolare: è abbastanza naturale che gli allenatori optino per sacrificare un giovane nel ruolo di portiere e guadagnare così un giocatore più esperto in campo (probabilmente, da allenatore, farei anch’io la stessa scelta!). Ne consegue che la rosa venga solitamente allestita con entrambi i portieri “giovani”, onde prevenire problematiche nella gestione dei cambi a gara in corso per gli allenatori.
Si è così generato un vero e proprio sbarramento tra l’Eccellenza e le categorie superiori per gli estremi difensori. Un portiere “vecchio” di valore (cioè non più incluso nelle annate della regola), come ce ne sono tanti in Promozione ed Eccellenza, deve così arrendersi all’impossibilità di salire di categoria. Se il salto in serie D è molto difficile per quanto detto sopra, quello in serie C lo è chiaramente ancora di più. Del resto, è anche naturale che una società professionistica reputi troppo rischioso investire su una “scommessa” proveniente da due categorie più in basso! Per di più, anche in serie C si ripresenta la solita regola a complicare le cose, seppure con un formato diverso: in questa categoria è prevista da regolamento la presenza di 14 “vecchi” in rosa e un sistema di “premi” economici per i giovani schierati in campo (e rapportato al minutaggio da questi accumulato). E’ naturale quindi che la maggior parte delle squadre si orienti su un portiere vecchio, generalmente il titolare, e due giovani in panchina (nell’ultimo weekend di serie C in distinta si contavano 60 portieri “vecchi” e oltre 90 “giovani”, nati dal 1998 in poi). Come si capisce bene, per i portieri delle categorie inferiori anche il salto in C è fortemente ostacolato dal regolamento.
Arrivo quindi alla mia proposta: vista la particolarità, per non dire unicità, del ruolo del portiere, mi sembrerebbe logico introdurre una sorta di tutela per chi indossa i guantoni da numero 1, vale a dire quella di neutralizzare la regola per questo ruolo. Provate a pensare a quanti campioni, nel corso degli ultimi anni, hanno fatto valigia e bagagli per trasferirsi in Cina, attratti dai milioni offerti dalle società del paese del Dragone. Ebbene, tra i vari Hulk, Oscar, Hamsik, Paulinho, Tevez (e molti altri) non troviamo nessun portiere: perché? E’ presto detto: la federazione cinese, a tutela dell’unicità del ruolo e con l’intento di favorire la crescita dei giocatori cinesi nel ruolo, ha introdotto il vincolo che il portiere non potesse essere straniero. Proprio così, il ruolo è unico, e tale unicità è salvaguardata dal regolamento.
Allora perché non pensare ad una cosa simile anche nelle nostre categorie dilettantistiche? Si potrebbero mantenere i regolamenti attuali invariati, escludendone l’applicazione per i portieri. Se l’intento della regola è quello di valorizzare i giovani, favorendone l’utilizzo grazie ad essa, ritengo che questo fine possa trovare tranquillamente applicazione con riferimento ai soli 10 giocatori di movimento: del resto, l’interscambiabilità dei giocatori di movimento consente una flessibilità che per i portieri è, per forza di cose, impossibile. Se a questo aggiungiamo che il ruolo del portiere richiede una forza ed un equilibrio mentali che è ancora più difficile da trovare nei ragazzi dai 18 ai 21 anni (rispetto a quanto è richiesto per gli altri ruoli), si capisce come è nello stesso interesse dei giovani portieri avere il tempo necessario per crescere e maturare, arrivando così in modo più naturale nella categoria che più si merita.
Questa è soltanto la mia riflessione, penso condivisa da molti miei “colleghi”, e spero abbastanza costruttiva da essere presa in considerazione in futuro per una revisione del regolamento sulla regola dei “giovani”.
Da parte di uno dei tanti numero 1 innamorati di quello che è il ruolo più bello dello sport più bello del mondo.
Riccardo Gherardi
(portiere del San Pellegrino)
“Se dovessi scrivere un saggio sul calcio mi occuperei proprio della solitudine del portiere”
(Luis Sepulveda)