Comincia il Romanzo Nerazzurro. Sei puntate di storia atalantina dal 1919 ad oggi. Episodi veri ma romanzati, stile fiction di qualità, a firma del nostro Giacomo Mayer. La prima puntata ha come protagonista Umberto Battaglia nel periodo dello spareggio a Brescia tra Atalanta e Bergamasca e la successiva fusione tra i due club. La seconda puntata di lunedì prossimo racconterà la trattativa per portare a Bergamo Hasse Jeppson. Nel terzo episodio il complotto di Padova che, nel 1959, costò all’Atalanta un’ingiusta penalizzazione, quindi la puntata numero quattro con la conquista della Coppa Italia e la scomparsa di Giovanni XXIII. Le ultime due puntate riguardano i giorni nostri: il ritorno di Antonio Percassi e le scommesse fraudolente di Cristiano Doni.
di Giacomo Mayer
– Battaglia venga, c’è un telegramma che la riguarda. Lei non è calciatore?
– Di che cosa si tratta, signor Capelli?
– Legga, legga.
“In data 5 ottobre c.a. presso il campo di Brescia Atalanta e Bergamasca dovranno disputare una partita di qualificazione per l’ammissione al campionato nazionale di Prima categoria. Firmato. Il segretario Mario Merlino”.
“Lo immaginavo”: bofonchia Battaglia, che gioca nella Bergamasca, l’altra squadra cittadina, poi restituisce il foglio di carta allo stenografo capo dell’ufficio telegrammi delle Regie Poste di Bergamo. Il gioco del calcio è il divertimento del nuovo secolo, lo praticano ricchi e proletari, studenti e operai. E’ stato importato nella nostra patria da un gruppo di inglesi e nella nostra città dai giovanotti delle ricche famiglie svizzere: gli industriali Honneger, Zopfi, Luchsinger, Legler. Soprattutto queste due famiglie hanno regalato i loro virgulti a questo nuovo sport, uno sport essenzialmente di squadra. La guerra è appena finita, anche a Bergamo i reduci sono tornati a casa mutilati, disillusi e senza lavoro. Il movimento socialista sta prendendo piede, stanno nascendo i fasci di Mussolini, foraggiati da agrari e industriali. Ma il popolo anche per dimenticare gli anni tremendi della guerra vuole divertirsi.
Il 21 settembre, alla Clementina a fianco dell’ospedale neuropsichiatrico, viene inaugurato lo Stadium Atalanta. La partita inaugurale tra Atalanta e Inter, seguita da “un pubblico nereggiante che le fa da cornice” vede la vittoria degli interisti per 3-0. Alla fine, in veste di spettatore interessato, Battaglia commenta con l’amico Benzoni: “Possiamo farcela”. Umberto Battaglia è un personaggio a Bergamo anche se è un po’ strano per questa sua attività sportiva. Fa il portalettere, è scapolo e appunto per questo gioca a calcio nel tempo libero. Come calciatore è considerato uno dei migliori della formazione biancoceleste, ha doti agonistiche non indifferenti e non tira mai indietro la gamba. Si allena tutti i giorni, un po’ correndo un po’ con la sua inseparabile bicicletta Esperia avanti e indietro per le vie della città. Insomma pensa solo al calcio per la disperazione della madre che vorrebbe si facesse una famiglia. “Non ho tempo”: risponde sempre. La mamma, che è una pia donna, si confida spesso col parroco di Sant’Alessandro in Croce, che le risponde sempre allo stesso modo: “Ah, la gioventù moderna. Rovinata dalla guerra”. Insomma il suo cuore di mamma continua a soffrire.
Siamo già ai primi di settembre, bisogna organizzare ben bene lo spareggio, Battaglia chiede qualche giorno di ferie al capoufficio che, appassionato di calcio, gliele concede. L’autunno incipiente, si fanno ancora i bagni sulle sponda del Morla, ed è il periodo più adatto per allenarsi e il Battaglia porta la sua truppa biancoceleste nei prati fuori porta Osio magari riposando ogni tanto all’ombra dei gelsi. Battaglia però vuole una squadra forte perché l’Atalanta è forte e non è facile da battere. Inforca la sua Esperia e va all’aeroporto di Ponte San Pietro dove tra gli avieri di stanza c’è un talento di calciatore, Enrico Stefani, che, quando è in libera uscita insieme all’inseparabile Aristide Caccia, va in giro per le osterie di Bergamo a millantare le sue doti tecniche. Battaglia lo ingaggia per la sfida con l’Atalanta. Stefani accetta ma replica. “Viene anche il mio amico Aristide”. I due sono così convocati. Qualche dubbio viene ai dirigenti , soprattutto a Giandomenici: “E’ mai possibile? Abbiamo cinque squadre e vai a prendere due forestieri?” e rivolgendosi direttamente al Battaglia: “Proprio tu che hai sempre accusato l’Atalanta di far giocare gente da fuori”. Immediata la replica: “Dobbiamo vincere e vinceremo”. Anteprima di una famosa frase che portò male all’Italia e al Gran Fanfarone che la pronunciò anni dopo.
Intanto la data del 5 ottobre si sta avvicinando. La città si mobilita e almeno cinquecento tifosi di entrambi le contendenti – secondo il Delegato di Polizia, Cavalier De Martino – con calessi, automobili, biciclette e treno si trasferiscono nella vicina Brescia per assistere ad un duello purtroppo fratricida. Sono in palio le sorti e la primogenitura del calcio bergamasco. L’Atalanta gioca con la formazione, ritocco più ritocco meno, che ha affrontato l’Inter nella partita d’inaugurazione dello Stadium, nella squadra biancazzurra della Bergamasca una clamorosa novità: Umberto Battaglia ha lasciato spontaneamente il posto all’aviere Stefani. Preferisce comandare la sua truppa a bordocampo. Purtroppo per lui la partita finisce 2-0 per l’Atalanta grazie ai gol, uno per tempo, di Tirabassi e di Moretti. Nell’edizione del lunedì scrive il Giornale di Bergamo: “La fortuna non ha voluto assistere i biancocelesti che tirando fortemente in porta hanno miracolosamente toccato diverse volte i pali della porta avversaria. Scoraggiati da questo burrascoso ed infelice inizio non sanno opporsi ad una fuga atalantina effettuata dal Tirabassi che segna il primo gol. La prima ripresa termina così. Nella seconda è nuovamente la Bergamasca a minacciare la porta bianconera e il portiere Rizzi è impegnato diverse volte, ciò non toglie però che l’Atalanta colga un momento d’incertezza da parte dei celesti per correre verso la porta avversaria e segnare il secondo punto. La Bergamasca si scuote, vuol pareggiare a tutti i costi, il portiere Rizzi para diversi tiri di Cantini e di Maggi. La fine toglie alla Bergamasca la speranza di pareggio. L’Atalanta ha giocato bene, la Bergamasca forse meglio, questo è un giudizio spassionato che gli atalantini devono riconoscere senza rancore alla società. In ogni modo auguri all’Atalanta per la prima categoria e auguri alla Bergamasca per la seconda categoria”.
Nel ritorno in città un incidente automobilismo trasforma in tragedia i festeggiamenti: muore il portiere di riserva Balzarini. A seguito dello scoppio di una gomma, l’auto su cui viaggia insieme ad altri giocatori si rovescia in una scarpata. Passano pochi mesi e nell’ambiente calcistico cittadino tira aria di fusione. Nel gennaio 1920 si aprono le trattative. Di sera, in una fumosa saletta del caffè Turani, s’incontrano il colonnello degli alpini Ottorino Calvi, il capitano dei bersaglieri Nino Benzoni, Mario Gelmi, e Gino Bottazzi, emissari dell’Atalanta, Umberto Battaglia, con l’inseparabile Piero Zenoni, in rappresentanza della Bergamasca. Non ci sono né problemi né discussioni per la nomina del presidente: la scelta cada inevitabilmente sul cavalier Enrico Luchsinger, presidente della Bergamasca, industriale facoltoso, rampollo di una delle più ricche famiglie svizzere che hanno praticamente esportato a Bergamo e provincia la manifattura. Non solo: è anche dotato di geniali doti organizzative ed insieme agli amici Legler e Novak può “tirar fuori i soldi” per allestire un club sportivo alle soglie del professionismo. Tra un calice di vino ed una fetta di salame ed una scodella di brodo caldo di gallina la discussione s’accende quando Battaglia, sempre e solo lui, pone al centro del dibattito la nuova denominazione ed i colori sociali. Football club Bergamo viene bocciata, così pure Bergamo Calcio, piace Atalanta e Bergamasca di ginnastica e Scherma che accontenterebbe tutti. Battaglia apostrofa in questo modo gli atalantini: “Certo, così la gente si dimenticherà in fretta di Bergamasca e diranno solo Atalanta”. Il colonnello Calvi cerca di calmarlo e propone la votazione: a larga maggioranza passa il nome di Atalanta. Per i colori sociali si scarta il bianco e si tengono l’azzurro e il nero divisi verticalmente a metà. Solo successivamente a strisce nerazzurre. Mentre il ragionier Cesare Bonafous organizza l’assemblea per l’approvazione dello statuto e la nomina del consiglio direttivo, bisogna scegliere la “rosa” della squadra. Per selezionare i migliori giocatori delle due squadre viene indetta una riunione nella solita saletta del caffè Turani. I selezionatori, che sono i soliti Calvi, Benzoni, Gelmi, Bottazzi, Battaglia e Zenoni, stavolta discutono animatamente e per ogni ruolo: il ballottaggio è aspro e difficile. Per il posto di portiere titolare sono in lizza Rizzi (Atalanta) e Testa (Bergamasca). Ci vuole un’intera ora per scegliere Rizzi, l’eroe dello spareggio di Brescia che con le sue parate decisive portò alla vittoria l’Atalanta. Anche Battaglia accetta il verdetto. Ma si va avanti così per i difensori fino a quando, verso mezzanotte, il segretario del club, Guerrino Oprandi, entra in sala per invitare i selezionatori a sveltire le scelte. Non è facile perché se Gelmi e Bottazzi propongono un nome, Battaglia e Zenoni ne spiattellano immediatamente un altro. Con la scusa di ritirare i calci vuoti, il proprietario del caffè entra in sala più volte facendo tintinnare le chiavi della porta del caffè Turani. Bisogna chiudere perché sono quasi le due. Improvvisamente il colpo di scena quando Benzoni chiede di sospendere la scelta della mezz’ala perché il presidente ne sta acquistando una nuova. Battaglia che non è al corrente della trattativa s’inalbera: “Sono stufo, adesso basta, andate avanti voi”. Prende la giacca e se ne va sbattendo la porta, seguito dal Fedele Zenoni. Adesso è solo e sempre Atalanta.
Nella foto: l’Atalanta Bergamasca 1920-1921 con le prime maglie nere e azzurre. L’immagine è tratta da “Cent’anni di Atalanta” volume firmato da Elio Corbani e Pietro Serina