Tra gli allenatori che hanno brillato nell’ultimo periodo sulla scena bergamasca è impossibile non spendere parole per quanto di buono fatto da Paolo Rizzi sulla panchina della Cividatese. Un vincente, capace di far fare il salto di qualità alla squadra, esaltando il concetto del gruppo. Su queste note si era espresso poche settimane fa capitan Belloli, impressionato dall’operato del tecnico che, per l’occasione, si è confidato a Bergamo&Sport nonostante un momento estremamente delicato dal punto di vista personale: “Lavorando nel settore alimentare, non mi sono mai fermato. Purtroppo ho perso da poco mia madre, ma tra mille problematiche e molta sofferenza dobbiamo trovare la forza per andare avanti nonostante sia molto difficile. Se ci fosse il calcio potremmo alleviare in qualche modo la negatività di questo periodo, ma non ci resta altro che tenere duro in attesa che la situazione migliori”.
Manca il calcio, manca la sua amata Cividatese: “Più di tutto, il contatto con i ragazzi. Un gruppo fantastico che si è formato negli ultimi due anni. Questa è la sensazione che voglio tornare a provare al più presto. Condividere tutto con loro, gli allenamenti e le partite. Sono qui da un anno e mezzo e la squadra è cresciuta tantissimo: la stagione scorsa è stata davvero bella e quest’anno si poteva coronare il tutto con un traguardo strepitoso che non era nemmeno nei piani più ottimistici della società”.
Testa della classifica provvisoria mai in discussione nel girone d’andata, poi una leggera flessione che aveva comunque lasciato i ragazzi di Rizzi in vetta alla graduatoria con quattro punti da amministrare sulla rampante Asperiam. Il tutto lasciava presagire ad un duello epico che avrebbe animato la corsa verso il salto in Promozione, ma l’emergenza ha spento tutto, forse in maniera definitiva: “Eravamo lì e ce la saremmo giocata – prosegue il tecnico cividatese -, non volevamo e non dovevamo nasconderci. Dopo una prima parte di campionato così, avevamo il dovere di provare a coronare il tutto”.
Il futuro calcistico ora è un grosso rebus: “Il problema è stato inizialmente sottovalutato da tutti. Credo che se si tornasse a giocare, vorrebbe dire che il paese starebbe versando in condizioni migliori, ma ad oggi mi sembra un ragionamento utopistico. Giocare in estate potrebbe essere una soluzione, ma andrebbe a penalizzare tanti club anche in vista dell’anno prossimo. Credo che la via più percorribile sia quella di catalogare la stagione in corso semplicemente come “anno zero” dal quale ripartire, si spera, ad agosto”.
Il drammatico contesto nostrano andrà sicuramente a gravare in ambito lavorativo e, di riflesso, su quello sportivo: “Chi lavora vorrà tutelare in primis la propria attività e i propri dipendenti. Per cui è facile che qualcuno possa rinunciare ai discorsi di finanziamento o sponsorizzazione calcistiche. La diretta conseguenza è che per molte società sarà difficilissimo rimanere in piedi. Servirà un grandissimo processo di ridimensionamento del nostro calcio, a partire dai piani alti della Federazione sino ad arrivare agli addetti ai lavori, allenatori e giocatori. Tutti insieme dobbiamo aiutare lo sport”.
Discorso valido anche per i settori giovanili e le scuole calcio: “Il rischio di perdere ragazzi è concreto. Va studiato il modo per tutelare le famiglie e allontanare questa eventualità, ma non solo nel calcio, perché quasi tutti gli sport a livello giovanile si sostengono attraverso il pagamento di quote annuali. Bisognerà toccare le corde giuste per non pesare sulle famiglie dei giovani atleti”.
Infine, l’abbraccio virtuale rivolto a tutta la città di Bergamo: “Mi auguro di cuore che le persone colpite dalla tragedia si possano riprendere in fretta e sono sicuro che, dal punto di vista lavorativo e sportivo, Bergamo e tutta la provincia reagiranno alla grande, riconquistando la normalità”.
Michael Di Chiaro