di Matteo Bonfanti
A vederli lì, uno accanto all’altro, il calciatore partito da Corigliano Calabro per conquistare il mondo e il commerciante bergamasco che parla in dialetto orobico anche con i maggiori imprenditori russi, ti sembra impossibile che siano la coppia del momento. Gattuso e Pedretti: così diversi che se si trovassero di fronte su un treno non scambierebbero neppure una parola. Opposti anche nell’aspetto fisico: il primo basso, tarchiato, muscoloso, nervoso; il secondo allampanato, alto e con un po’ di pancetta che lo rende morbido in ogni suo movimento. Poi li senti parlare e li vedi terribilmente complici, uno fa una battuta, l’altro gli serve l’assist per un’altra frase ad effetto. E d’improvviso scopri il segreto del loro successo, i Gattuso Football Camp, la grande novità dell’estate bergamasca 2013.
Si possono organizzare scuole calcio di altissimo livello in quattro regioni italiane senza rinunciare a ridere e a scherzare: questo è l’insegnamento di Sersao e di Ringhio che nella giornata di giovedì hanno corso in lungo e in largo lungo le strade della nostra provincia, dove i bambini erano in campo ad allenarsi con alcuni indimenticati fenomeni del mondo del pallone. Ne citiamo alcuni, sicuramente dimenticandocene altri (perché i mister coinvolti nel progetto sono davvero tantissimi): Luigi Pasciullo, Giacomo Ferrari, Antonio Bernardini, Oliviero Garlini, Fabio Gallo, Eligio Nicolini, Alex Pinardi, Gianni Cefis, Marco Sgrò, Pierluigi Orlandini, Giorgio Magnocavallo, Marco Cecilli.
Per via del lavoro che faccio, li conosco più o meno tutti. E la scelta di Sersao è andata sempre in una direzione, la sua, quella dell’umiltà. Antonino piuttosto che il Gas o Luigino, giusto per dirne tre, hanno illuminato le maggiori platee di Serie A eppure sono uomini autoironici, per questo divertenti, sorridenti, a portata di mano e di autografo. Belli da conoscere, da ascoltare.
Proprio come Sersao che nelle cene con i magnati svizzeri o russi si mette a capotavola per insegnare ai divertiti presenti il magnifico e incredibile significato del nostro “pota” o come Gattuso, che non conoscevo e giovedì alle Due Torri di Stezzano si è rivelato una piacevolissima sorpresa per me e per i tantissimi giornalisti presenti. Gennaro ha vinto la Champions League, annullando in semifinale il più forte di tutti, il giovane ed esplosivo Cristiano Ronaldo del Manchester United ed ha trascinato i modesti azzurri del ct Lippi alla vittoria di un Mondiale, vissuto a suon di tacchettate sugli stinchi degli avversari di turno. Eppure lo ascolti ed è un ragazzo dalla modestia disarmante. «Nell’Italia di Prandelli? Non farei neppure un minuto… Avete visto come giocano bene? Sono tutti tecnici mentre io, lo sapete, sono uno scarpone. Il mio erede? I centrocampisti di oggi sono meglio… Quanto resisto con Zamparini? Spero un pochino di più di Allegri al Milan». Ed ecco spiegato lo straordinario successo dei Gattuso Football Camp. Difficile che i bambini iscritti, in appena una settimana, riescano ad imparare a giocare a pallone, di certo scopriranno che si può essere dei calciatori che hanno fatto la storia del pallone (Gattuso e tutti gli altri) oppure dei commercianti che vendono le loro magliette in tre continenti diversi (Pedretti) pur restando persone con i piedi per terra.
L’insegnamento è anche per me. Che spesso mi credo un giornalista migliore del cronista sportivo mediocre che sono e che ogni volta che gioco a pallone mi sento secondo solo a Maradona (non il Diego di adesso, ma quello della semifinale mondiale con l’Inghilterra). Speriamo che nel 2014 Sersao s’inventi un Gattuso Football Camp riservato anche a noi vecchiotti. Serse e Ringhio, un iscritto, ce l’hanno già.