Da una parte la Vertovese e il Città di Dalmine che stanno davanti a tutti e che a luglio tutti noi consideravamo squadre da medio-bassa classifica, dall’altra Sirmet Telgate e Almé, a metà della graduatoria, lontani anni luce dai sontuosi propositi estivi, che ce le avevano fatte mettere tra le sicure protagoniste della stagione. Cosa succede nel pallone bergamasco? E’ il discorso di sempre, non bastano i colpi di mercato, la solidità societaria, l’entusiasmo e la passione di chi sta al vertice dell’organigramma, a Telgate Alberto Vescovi, ad Almé Tiziano Testa. Oltre a questo serve la garra, quella cosa magica che fa correre le gambe anche quando è finita la benzina, la determinazione raccontata meravigliosamente, proprio ieri, dal dg della Vertovese Mauro Guerini. Anche i calciatori forti forti, gli architetti che fanno la differenza con una giocata o gli operai incollati come mastini alle gambe del numero dieci avversario, hanno bisogno di qualcuno che gli faccia trovare la grinta necessaria per superare l’ostacolo quando una partita sembra stregata, e questo qualcuno è quello che la domenica siede in panchina.
I modi sono due. Ancelottiani o Mouriniani? Autorevoli o autoritari? Carezze o sberloni? Consigli sussurati o sonore sgridate? Da ieri nel pallone bergamasco si va in ostinata direzione contraria rispetto al calcio professionistico, dove Re Carlo sta facendo volare il Napoli oltre le aspettative e Mou è triste, solitario y final, incapace di far decollare un Manchester United che con gli uomini che ha in rosa dovrebbe stare là davanti, in lotta per il primo posto della Premier, dove comandano invece due che hanno preso parecchio da Carletto, ossia Guardiola e Sarri, che vanno a mangiare con i propri giocatori dopo qualsiasi partita, che raccontano le gesta del loro tridente offensivo, coprendolo di complimenti a ogni conferenza stampa, che pensano sempre al gioco. Mai alla lotta.
Lasciamo l’Inghilterra e torniamo a noi, precisamente nel Girone C di Eccellenza. Siamo a Telgate, dove la Sirmet è passata da mister Cristian Forlani ad Alessio Pala. Premesso che entrambi i mister sono due tecnici preparatissimi, i profili sono opposti: il primo ha portato i biancazzurri alla promozione dell’anno scorso con un gioco galattico e ragionato, con una gestione quasi collegiale, coinvolgendo sempre i calciatori in rosa, parlando all’infinito, confrontandosi su moduli e scelte tattiche. Chi conosce Pala, lo sa, è un sergente di ferro, uno alla Gigi Radice, un uomo solo al comando e guai a chi si discosta anche solo di un millimetro dal progetto che Alessio ha in testa per vincere. E per farlo sono necessarie prima di tutto gambe che corrono all’impazzata per novanta minuti. La parola chiave? Intensità.
Medesima la scelta fatta ad Almé, via il colto, raffinato e disponibilissimo mister Ottolenghi, risalita gialloverde affidata a Mario Astolfi, che chi scrive ha visto di persona al lavoro, rimanendone impressionato proprio per l’immensa grinta che riesce a trasmettere ai suoi anche solo in una rifinitura, un martello proprio come era quando giocava, il centravanti che menava lo stopper, persino quando era suo fratello Mario, botte per l’intera partita per poi beffare il malcapitato difensore con un diagonale mozzafiato a dieci minuti dalla fine.
L’uomo del giorno è Locatelli, mister della favola Vertovese, un altro dalla garra incommensurabile, mai soddisfatto dei suoi undici leoni, neppure ora che è in testa alla classifica. Di Frigeni, l’eroe della rinascita del Città di Dalmine, squadrone dai mille record, i colleghi, che ovviamente lo apprezzano parecchio, ne parlano così “tosto, bergamasco fino all’osso, che le sue squadre le fa correre, correre, correre”.
Mouriniani in vetta in Eccellenza e in Prima, da applausi pure in Serie D. Parliamo, ovviamente, di Villa d’Almé, che ogni settimana è il meglio che c’è. Domenica a Rezzato, contro una banda di fenomeni, i giallorossi hanno messo in campo un’aggressività degna dell’Inter del Triplete, ribaltando la partita nella ripresa, recuperando due gol, sfiorando l’ennesimo colpaccio di un campionato da urlo. A fine gara padroni di casa neri di rabbia proprio per l’eccessiva grinta dei brembani, mister Mussa, che ogni domenica che passa ci piace sempre di più, non gliele ha mandate a dire al collega che stava sulla panchina avversaria: “Ci è rimasto il colpo in canna. Mi aspettavo di fare il 2-3. Li abbiamo messi in difficoltà dal punto di vista del ritmo, della dinamicità e dell’aggressività. Ognuno gioca con le proprie armi. L’errore del Rezzato è stato di averci considerati morti sul 2-0. Ma non è la prima volta che rimontiamo”. Altro che le sconfinate carezze che i mister della nouvelle vague ancelottiana riservano agli avversari, Mussa pare Mou dopo un derby d’Italia al veleno.
Tecnica, atletica, tattica e psicologia: i quattro aspetti che deve trasmettere alla propria squadra ogni allenatore. I mouriniani puntano di più sull’atletismo, che aumenta a dismisura la garra, gli ancelottiani, di cui un esempio straordinario sta a Ponte San Pietro e si chiama Giacomo Curioni, sulla tecnica e sulla tattica. Imprescindibile per tutti è la psicologia, e c’è chi sceglie di gestire il gruppo con la carota e chi con il bastone, sempre l’obiettivo è tirare fuori il meglio dai propri ragazzi.
In mezzo al guado i toscani: Allegri, Spalletti e il nostro Federico Perelli, tecnico della rivelazione Pagazzanese, quinta in classifica giocando alcune partite in modo mostruoso. Nella terra di Alessio Pala, il “Pere” mischia le due filosofie, l’amicizia fraterna con gli assi, Zanichelli, Dembelé e Delcarro, la classe, il colpo, la fantasia al potere e il gioco sempre in primo piano, uniti però ad allenamenti in cui la truppa deve dare il famoso centodieci per cento e non ci sono sconti per nessuno. E non è un caso che la terza via in panchina sia proprio la strada scelta dai toscani, che hanno nel sangue un innato senso dell’umorismo, in grado di far scendere la tensione quando diventa eccessiva per via del martello che i tre mister tengono comunque in tasca, pronto all’occorrenza.
Chiudiamo, ovviamente, col Gasp, il maestro, mix perfetto, dai rumors tendente però al sergente di ferro più che allo psicologo che ti coccola sul lettino quando sei un suo calciatore e gli racconti i tuoi problemi in campo e nella vita. Così come Pala, così come Astolfi, all’Atalanta il meglio accade quando la rosa è giovane e sbarazzina, i mouriniani, e l’esempio lampante è la gestione a Manchester di Pogba, le difficoltà le hanno soprattutto con i giocatori affermati, che in alcuni casi pretendono una corsia riservata, che loro non sono disposti a dargli.
Si vedrà, la stagione è appena iniziata, resta che tutti i mister citati, Forlani, Pala, Ottolenghi, Astolfi, Locatelli, Frigeni, Mussa, Curioni e Perelli sono grandi allenatori. E al di là degli esoneri e delle scelte dei club in questo momento, siamo fortunati ad avere nella Bergamasca tecnici tanto in gamba perché così preparati su ogni aspetto del difficile lavoro dell’allenatore, il più complicato in assoluto.
Matteo Bonfanti