di Matteo Bonfanti

Vinicio Bonfanti, mio figlio, prima media scuola Codussi, la più vicina allo Stadio Comunale, che magari un po’ c’entra. Sta di fatto che gli studenti sono ventisei e c’è un dato che colpisce e dà l’idea di quanto il presidente Antonio Percassi stia guardando lontano. Quattordici di loro, ossia il 54 per cento, sono tifosi atalantini, a uno di loro il pallone non interessa, gli altri undici hanno scelto la Juventus. E il Milan? E l’Inter? Nessuno. E il Napoli che fa sognare tutto il Sud Italia? Manco un ragazzotto, neppure per sbaglio. Non è un’indagine di Pagnocelli, ma è comunque una notizia. La spumeggiante Atalanta del Gasp fa proseliti e li fa per sempre, perché con la squadra del cuore va così, entra nella pelle e non ne esce più.
Non ci sono ricerche nazionali o locali riguardo all’orientamento calcistico dei bambini, resta l’impressione che i baby tifosi nerazzurri stiano diventando tantissimi, in una percentuale assai maggiore rispetto ad altre generazioni di bergamaschi. A riprova la classe di Zeno Bonfanti, il mio secondogenito, quarta elementare alla Rosciate, sempre in area Atleti Azzurri d’Italia, dove l’orientamento è leggermente diverso, più ballerino (l’amore per la Dea c’è e anche qui è in forte maggioranza, ma si assiste pure a qualche tradimento televisivo per Juve, Barcellona e Real Madrid) ed è più da ultrà con una vera e propria lotta per accaparrarsi le figurine dell’Esselunga. Per un Cornelius o un Petagna si è disposti a buttare sul tavolo della mensa persino una manciata di carte Pokemon, e i genitori che stanno leggendo lo sanno che stiamo parlando di un capitale (speso in edicola).  
Stiamo assistendo a un boom di nuovi atalantini? A suffragare la tesi due numeri grandi e grossi, 14143, l’impressionante esercito degli abbonati, quattromila in più rispetto alla scorsa stagione (10841), e i 13099 bergamaschi a Reggio Emilia per la sfida con l’Apollon, record di sempre, il precedente, tredicimila orobici in trasferta resisteva da quarant’anni, annata 1976-1977, a Genova, emozionante spareggio a tre per andare in Serie A.

E qui cambiamo tutto, lasciando le nostre parole e affidandoci a un grande esperto di Atalanta, Daniele Belotti, esponente della Lega Nord, tifosissimo della Dea,  di cui ha raccontato spesso e volentieri le mirabili gesta, ieri a cena con i mitici Commandos, il primo vero gruppo ultrà atalantino, attivo già nel dicembre del 1971.
Daniele, a quanti anni si diventa tifosi? “Alle elementari e i fattori che portano a diventare appassionati di una squadra sono sostanzialmente due, più di tutto i risultati, poi la fede dei genitori, che spesso si tramanda. E’ il mio caso, l’amore per la Dea arriva da mia mamma, a sei anni  ha iniziato a portarmi allo stadio, a otto in trasferta. E sono state fin da subito esperienze indimenticabili, che mi hanno legato all’Atalanta in un modo indissolubile”.
Nelle classi dei miei figli la maggioranza degli alunni è tifosa dell’Atalanta. Perché? “Intanto è una bellissima notizia ed è anche qualcosa di nuovo perché, ad esempio, mia figlia, ora alle superiori, ha solo un compagno atalantino come lei. L’analisi che si può fare è che stiamo vivendo uno dei momenti più esaltanti nella storia dell’Atalanta, la Dea di Percassi è forte, se la gioca alla pari contro tutti, vince in Italia e in Europa, è apprezzata anche all’estero. Chi ora ha dai sei ai dieci anni, ossia nel momento della scelta della squadra del cuore, s’innamora di una formazione come quella del Gasp, forte e determinata, una provinciale da sogno. Mi colpisce, rendendomi felice, che nella classe di tuo figlio Vinicio non ci siano milanisti, appassionati rossoneri come il nostro sindaco Giorgio Gori, sul divano a vedere Milan-Austria Vienna mentre noi facevamo la storia a Liverpool. E la tesi è la stessa che si può fare per l’Atalanta, ma girata al contrario: il Milan va male, i bambini non si appassionano”.
Quali sono i momenti più esaltanti nell’ultimo mezzo secolo nerazzurro? “Così forti credo se ne possano contare altri tre. Il primo è datato 1976-1977, Atalanta tra i cadetti, stagione magica, culminata con lo spareggio a tre a Genova per salire in Serie A. In campo contro la Dea il Cagliari e il Pescara, immenso esodo bergamasco, tredicimila persone in festa e piene d’entusiasmo. Poi, ovviamente, l’anno della Coppa delle Coppe, l’atmosfera unica regalata da quell’Atalanta, spirito mai domo da provinciale, seguita da tutta Italia perché era una favola, una formazione di Serie B a lottare ad armi pari con il meglio d’Europa. La terza annata che ci ha fatto sognare è la prima dei ragazzotti del Vava in A. 2000-2001: tanti giovani promossi dalla Primavera, parlo dei due Zenoni, di Bellini, di Zauri, di Donati e di Pelizzoli, a novembre a Milano da primi in classifica. Fantastico”.
E adesso l’Atalanta del Gasp. Ok i risultati, ma in questi anni Percassi ci ha abituato a trovate di marketing incredibili e geniali. Penso, ad esempio, alla maglietta nerazzurra a tutti i neonati. “Bellissima iniziativa, tra l’altro nata sul palco della Festa della Dea. Ma non credo che il marketing incida così tanto sulla scelta della squadra del  cuore da parte di un bambino. Lo ripeto: la benzina sono i risultati e mai come ora l’Atalanta sta conquistando vittorie storiche e indimenticabili, in campionato così come in Europa League, un sogno collettivo, che aumenta l’amore per i nerazzurri”.