Non so se avete presente quelle mattine quando ci si sente perduti, brutti, sporchi e cattivi dopo una notte passata da incazzati sul divano per via di una partita, battibeccando col cellulare e per invidia coi tifosi dell’altra parte che hanno vinto e stanno a festeggiare. Così io, intorno all’una di oggi, il 20 maggio del 2021, appena sveglio, alla ricerca di un caffè doppio per trovare la forza necessaria e sufficiente per andare a lavorare. Esco di casa, mi siedo dalla Giuli, al Chiringuito. Vado a farmi vedere, ordino, mi risiedo, sbadiglio. Mi sento novant’anni addosso. Penso. Cerco un altro Egitto. Non lo trovo. Immagino un libro da scrivere.
D’improvviso la voce di un signore, parlata bellissima, terronica mista a quella delle valli della Bergamasca, seduto al tavolino di fianco, Spritz in mano e famiglia al seguito, tutti pronti a brindare con del vino bianco, pappandosi un sacco di piatti dello chef, il Quinto, lecchese come me. L’anziano mi dice: “Posso chiederle una cosa?”. Io sordo, come sempre nelle ore del giorno, sarà il sole. Mi concentro e tento di leggere il labiale, ma non ci arrivo fino in fondo e allora faccio la mia solita faccia storta. Dico: “E’?”. Lui, che ha un viso bellissimo, di quelli che divertono solo a guardarli, la ritenta, cambiando le parole: “Ho da farle una domanda…”. Questa volta ci sono, sono sul pezzo, e passo subito al tu: “Dimmi pure, sono qui…”.
Mi aspetto una delle domande che mi assillano da sempre, in ordine: esiste Dio? Mio nonno Cesarino ora come ora sta in paradiso a bersi del Barbera con suo cugino Pederzani pensando alla Formula Uno? Ci sono gli extraterrestri? Si possono amare due donne contemporaneamente senza finire schiacciato dal loro vortice ciclico dovuto alle mestruazioni che dipendono in buona sostanza dalle fasi lunari? Matteo Renzi è buono o cattivo?
Invece lui, il signore, che è abbastanza calvo, col riporto, e che poi ho scoperto che è originario di Caserta e che negli anni Sessanta era un centravanti di un certo livello del calcio provinciale, mi pone solo questo quesito: “Per avere dei capelli così belli e vaporosi si fa lo shampoo ogni mattina?”.
Rimango muto, pensando se dirgli la verità o mentire, scelgo la linea tracciata in questi ultimi anni da Zezé, il mio psicologo, e confesso. Vuoto il sacco e gli racconto la mia poca attitudine alla doccia, qualcosa che mi fa soffrire da quando ero bambino in quanto già abbastanza punk e con l’idea di non sprecare risorse idriche per chi abita nel Sahara: “Li lavo solo il martedì e il giovedì dopo la partita, ma non sempre, qualche volta salto. Gioco, male, a pallone da quando ho cinque anni”.
E lui, che non è gay, magari è bisex, ma sicuramente anche etero per via della figlia e dei nipoti al seguito, mi dice: “E’ proprio un uomo bellissimo con quella chioma e quelle gambe da calciatore, uguale uguale a un vichingo. Complimenti”.
E io d’improvviso me ne fotto altamente di tutto, dell’Atalanta che ha perso, dell’arbitro Massa, dei casini che mi accompagnano, di quello che mi scrive che sono solo un cattocomunista senza capacità, dell’altro che mi taccia di essere un giornalista partigiano. Mi sento felice, pronto a spaccare il mondo.
Bevo il mio caffè doppio, compero le sigarette, pago e sono un altro, un uomo nuovo. E penso “appena becco qualcuno che mi piace glielo dico al volo anche io. Mi metto a praticare gentilezze a caso e fuori luogo che rendono comunque la vita così bella”.
Matteo Bonfanti