Sala del cinema parrocchiale dell’Oratorio di Fara Gera d’Adda esaurita, gente di ogni età e di ogni ruolo nel mondo del calcio, per la presentazione della neonata Associazione di Promozione Sociale “Ernesto Modanesi il mister”. Per l’occasione è stato invitato Cesare Prandelli, figura nota a livello calcistico sia bergamasco sia nazionale. Presenza non casuale perché lui ed Ernesto Modanesi hanno trascorso insieme parecchio tempo a Zingonia. Moderatore della serata è stato il giornalista Paolo Taddeo.
L’occasione è stata quella di utilizzare i ricordi di Prandelli per dipingere la figura di Modanesi. Ricordi legati inevitabilmente all’Atalanta, ai periodi calcistici nel settore giovanile neroazzurro negli anni 90. Di quando ancora il calcio per gli allenatori di settore giovanile, anche di settore professionistico, voleva dire: allenare educando. Entrambi si sono trovati a confrontarsi sui temi cardini per gli allenatori, di tutte le latitudini, Favorito da una visione calcistica simile, da subito proficua, il duo lavora prima alla formazione del ragazzo poi la sua crescita calcistica con la supervisione di Mino Favini. Prandelli descrive l’ambiente di Zingonia come un momento di crescita che per lui giovane allenatore trovando in Modanesi la spalla ideale per costruire il suo percorso di formatore. Celebre l’aneddoto raccontato che vede protagonisti i due. È l’8 febbraio 1994. Modanesi allenatore squadra Allievi, Prandelli allenatore subentrato all’esonerato Guidolin. Le prime tre settimane Prandelli fa fatica a dialogare con i componenti della Prima squadra, fatica a portare il suo credo calcistico. Quel giorno si allenano entrambi. Prandelli chiede a Modanesi il suo programma: lavoro con la difesa a quattro e due centrocampisti centrali. “Guarda che vengo con la prima squadra” gli dice. Modanesi imbarazzato … “Ho portato la prima squadra a vedere quell’allenamento”. Si rivolge ai professionisti e dice “io vorrei che voi con la vostra capacità superiore, con la vostra abilità superiore vi concentriate su come si stanno muovendo, come interpretano un reparto con un altro reparto, soprattutto l’attenzione che i ragazzi in campo prestano alle direttive di Modanesi. È servito a poco … è stato un tentativo” il suo commento (risate in sala). La stagione 1993-94 fu l’anno della retrocessione in serie B; era la squadra dei vari Montero, Alemão, Sauzèe, Ferron, Morfeo, Ganz e tanti altri …
“Modanesi era uno dei migliori allenatori conosciuto negli anni 90 – dice Prandelli – ricercatore, aveva voglia di innovare, aveva voglia di provare. Secondo me è stata una persona molto sottovalutata, prima di tutto da un punto di vista tecnico. Aveva un limite: non credeva molto in quello che proponeva. Aveva la sensazione che tutte le volte che un ex giocatore veniva proposto nel settore giovanile veniva sballottato. Ma guarda che tu sei molto più bravo di questi ex calciatori – gli dicevo – perché un conto è fare il giocatore, un conto è fare l’allenatore e l’educatore, e lui l’ha fatto in maniera meravigliosa …”.
La serata è stata farcita da Prandelli di ricordi, riflessioni sul suo passato. Sia quello da giocatore, sia quello da allenatore di club e della nazionale. Ma quello che ha colpito è stata l’apertura, il primo suo argomento: i genitori. Con Modanesi si confrontava quando avevano dei problemi con i genitori su cosa fare, su cosa rispondere ai genitori: “avevamo questa responsabilità, di questa borsa con scritto Atalanta, non il cognome del ragazzo … ma i genitori ci rispondevano che noi eravamo lì solo per insegnare a giocare e non per educare. Diventava frustrante, per noi, cercar di far capire ai genitori che un ragazzo su quattrocento di un settore professionistico può diventare professionista, ma gli altri avranno altre prospettive, un altro futuro”. Prandelli racconta come con Modanesi era importante che il “marchio Atalanta fosse riconoscibile anche dopo (sui giocatori che andavano in altre società), sui comportamenti, sul modo di essere, sulla conoscenza in campo, sul provenire dall’Atalanta. Per me molto importante”. Prandelli sfruttò le capacità di Modanesi di vedere calcio utilizzandolo come osservatore. “Le sue relazioni – dice Prandelli – erano precise, ma particolarmente mi interessava sapere il suo giudizio: “Ernesto oggi hai vinto, quella cosa che mi hai detto l’ho ripetuta e abbiamo vinto, se lo meritava …”.
“Ernesto era di casa all’oratorio di Fara – lo ricorda Don Luigi – perché veniva e vedere i ragazzi giocare, li seguiva con passione, cercando di vedere in loro non soltanto l’atleta capace di rincorrere il pallone. Era anche una persona che seguiva i ragazzi per dare loro delle regole, disciplina”. Don Gabriele dice “che un uomo giusto lascia il segno … scoprire rapporti che non erano ostentati fa la grandezza della persona che questa associazione vuole onorare”.
Il cronista è convinto che Modanesi e Prandelli sono stati personaggi che hanno combattuto giocatori fuori luogo piuttosto che fuori ruolo. Convinto anche del fatto che quando il Grande Segnapunti verrà a segnare il tuo, non segnerà se hai vinto o perso ma se hai giocato bene o male.
Carlo Colombo