ZOGNO

Giampaolo Pesenti ha tre grandi passioni: la politica (è assessore alle Attività Produttive, Edilizia Privata, Turismo e Urbanistica), la Dea e la Zognese, di cui è presidente. Il 22 febbraio eravamo al Centro Sportivo di Camanghé per Zognese-Aurora Terno (juniores provinciali), nessuno poteva immaginare che l’indomani il mondo del calcio dilettantistico e giovanile si sarebbe fermato. Per spiegare il dramma vissuto a Zogno bastano i freddi numeri: quasi 90 decessi, solo un terzo dei quali ufficialmente dovuti al Covid-19. Giorni terribili che saranno scolpiti per sempre nella memoria collettiva di questo paese della Val Brembana.
Da amministratore ma soprattutto da zognese, come ha vissuto e sta vivendo questo dramma?
“Come amministratore comunale mi sono trovato subito in prima linea e tra l’altro nominato responsabile del centro coordinamento dell’emergenza. Una situazione da subito difficile, con scelte anche impopolari; ad esempio all’inizio dell’epidemia non è stato fatta disputare la sfilata di Carnevale e nei giorni seguenti chiuso i parchi e giardini pubblici, fino alla chiusura del mercato all’aperto settimanale e della pista ciclabile intercomunale, degli uffici pubblici. Scelte fatte prima che gli enti superiori intervenissero. Un pensiero lo voglio rivolgere ai bambini, ho due figli piccoli e penso loro siano quelli che soffrono più di tutti le privazioni delle libertà, dal giocare, dal fare festa, di incontrarsi, di andare a scuola, praticare lo sport. Questo è un aspetto che non è valutabile nel breve periodo, avremo delle generazioni che avranno sofferto da piccoli e non conosciamo le loro reazioni da grandi quali potranno essere e quali risvolti avranno sulla nostra società del futuro”.
L’amministrazione ha messo in campo numerose iniziative: “Nel comune di Zogno ci siamo organizzati da subito per l’emergenza con servizi base come un numero dedicato all’emergenza, la consegna di farmaci a domicilio, la consegna della spesa, le informazioni alla cittadinanza, con la Protezione Civile comunale che è intervenuta per le esigenze più urgenti. Ci siamo dati da fare per produrre in casa mascherine artigianali, con volontari abbiamo raccolto l’adesione di sessanta sarte casalinghe organizzando la logistica della distribuzione dei materiali e dei mezzi per produrre e il successivo recupero delle mascherine, imbustaggio, sterilizzazione, fino alla consegna porta a porta di più di 10.000 mascherine prodotte e consegnate in meno di dieci giorni. Ci siamo organizzati con volontari e commercianti e con la rete del volontariato per la consegna a domicilio dei beni di prima necessità alle categorie più fragili, la consegna dei pasti a domicilio per gli anziani, la consegna di un kit di dpi per i positivi Covid, un centro ascolto e l’assistenza psicologica, la sanificazione delle strade e dei parchi giochi, la pulizia dei cimiteri nell’imminenza della Pasqua, la pulizia e il decoro dei parchi e delle aree pubbliche con i volontari in occasione del 25 aprile, un sito con una applicazione per verificare la coda nei supermercati, la distribuzione di mascherine gratuite presso i negozi aperti, organizzato la consegna a domicilio dei ristoranti e dei prodotti agricoli, la consegna a domicilio dei beni di cancelleria per il proseguo della attività didattica, la consegna dei buoni pasto, la consegna di pacchi di generi alimentari alle famiglie più bisognose”.
Vi siete sentiti supportati pienamente dalle altre istituzioni?
“Il grande cuore delle comunità e di noi bergamaschi e dei volontari ha funzionato, tutto il resto no. E’ mancato chi ci doveva guidare a livello superiore. Qualcuno ha sbagliato a livello molto alto, solo il 15 aprile 2020 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha invitato all’utilizzo delle mascherine per evitare il contagio, un invito lo voglio rivolgere a loro: inizino a pensare in modo compiuto al futuro e non continuino a rincorrere quello che succede senza avere un quadro reale della situazione”.
Passando al calcio, la stragrande maggioranza delle società dilettantistiche lombarde ha chiesto la conclusione anticipata dei campionati: “Abbiamo espresso lo stesso desiderio di fermarci visto il futuro incerto, penso che sia ancora molto prematuro pensare allo sport e alle attività che verranno, come, quando e a quali costi se sostenibili; siamo una piccola società che si basava sul sostegno di tante piccole attività locali, tutto dipenderà dal futuro economico di Zogno”.
Come si rapporta con giocatori e staff tecnico? “Come presidente della società sto mantenendo contatti costanti con calciatori e staff. Inizialmente ho fatto molta fatica a tenere vive le relazioni con il mondo calcistico zognese anche se mi sono sempre letto i loro scambi di informazioni e commenti vari, ma sono stato molto concentrato sull’emergenza. Dopo Pasqua ci siamo fatti gli auguri, e precedentemente ho prodotto un piccolo video con le speranze di alcuni nostri piccoli atleti. I contatti ci sono ma le relazioni sportive e interpersonali sono abbastanza complicate”.
Il Ministro dello Sport Spadafora ha promesso aiuti alle società dilettantistiche, il Comitato Regionale è orientato a concedere l’iscrizione gratuita al prossimo campionato, il bonus di 600 euro è stato esteso anche ai collaboratori delle Asd. Come immagina la ripartenza del calcio dilettantistico e giovanile, anche in relazione ai doverosi protocolli di sicurezza di cui tanto si parla? “Per alcuni anni cambierà il modo di vivere la socialità, di incontrarsi, di fare festa e fare sport. Bisognerà pensare al futuro, come poterci muovere, lavorare, studiare e vivere. Fintanto che non si troverà un vaccino o soluzioni sanitarie stabili, penso ci dovranno essere delle regole sociali che tutti devono rispettare, poche, chiare e senza interpretazioni possibili, sperando nel buonsenso delle persone (che purtroppo in molti manca). Non penso ci sarà una ripartenza dello sport immediata e le risorse al momento disponibili le dobbiamo utilizzare per le nostre attività, le nostre famiglie e per il vivere, i prestiti non servono a nulla. Lo sport ripartirà solo quando ci saranno le condizioni sanitarie ed economiche che lo consentono”.
Giuseppe Fappiano