di Simone Fornoni

Apriti cielo. Nello squarcio che dall’infinito guarda giù sotto ai comuni mortali, riecco la litania del mister contro la società. Gli occhiali inforcati col Cagliari, con un rigore negato per il mani di Augello sulla palla dentro di Toloi e un gol annullato a Brescianini senza alcuna carica, oltretutto di spalle, dello spondista Posch sul portiere altrui Caprile, sono bastati e avanzati ai commentatori della rete e in generale dell’etere da prosopopea per definire agli sgoccioli il rapporto tra Gian Piero Gasperini e l’Atalanta. Motivazioni a sostegno della tesi, nemmeno originale e anzi un po’ vecchiotta e frusta? Gli attaccanti che mancano e di cui l’allenatore, microfono alla mano, ha denunciato di “soffrire tremendamente l’assenza”.

Ha fatto pure nome e cognome, Ademola Lookman, “quello dallo spunto in più che può far svoltare le partite”, assente dalla vigilia di Barcellona e scusate se è poco, dichiarando il vero fino a prova contraria quando ha sottolineato che ormai per completare il reparto i centrocampisti adattati non solo concludono le partite, ma spesso devono iniziarle. Così hanno voluto il fato, leggi Scamacca, e un calciomercato dallo switch tra Zaniolo, evidentemente poco disposto a restare al prezzo di mercanteggiare un utilizzo alla giornata, e Maldini, quasi subito infortunatosi. Leggerci la volontà del club di accontentarsi solo dei soldi di un’altra qualificazione alla Champions League è oltre il ridicolo. Non è che a gennaio-inizio febbraio l’Everton o chi per esso ti regala il Beto Betuncal di turno solo perché sei rimasto con un centravanti solo, Mateo Retegui, che porta impressi i segni dell’usura nonostante venga spesso assoggettato a turnover a partita in corso. Non è che Bergamo abbia la calamita per i saldi di fine stagione, per cui improvvisamente tutte le punte valide con gol e assist in canna cambiano casacca a mo’ di mercenari per cucire le toppe sui guai dell’infermeria nerazzurra. E poi i segnali di risveglio da tardo debuttante di Vanja Vlahovic, matchball sfiorato nel finale di un rimbalzino, ci stanno raccontando che forse una controfigura c’è, in carne e ossa.

Questa storiella della contrapposizione continua tra front office di Zingonia e manico della panchina, oltre che smentita sonoramente dall’interessato, e poco importa che la colpa sia sempre dei giornalisti come se fossero tutti uguali, è oltre i limiti dell’assurdo. Almeno quanto la bizzarra teoria che se gli uomini sono contati sia per volontà del Gasp stesso. Fandonie. Cretinate. Va bene la più volte dichiarata preferenza per la rosa corta, ma sono anni che la Dea è sovradimensionata di intere rampe di scale rispetto al Genoa, ovvero il precedente non plus ultra della carriera da responsabile tecnico dell’uomo che da nove stagioni sta facendo le fortune sportive di un progetto dall’asticella sempre alzata, ma nessun essere senziente rimarrebbe coi difensori e gli attaccanti contati apposta per doversi scervellare, raffazzonando anche il piano tattico ossia virando più o meno sottotraccia al 4-2-3-1, in sede di assegnazione di maglie e ruoli.

Il mister, anche se qualcuno fa tuttora orecchie da mercante, ha ripetuto fino alla nausea che in attacco le concorrenti erano numericamente al completo e lui invece no. Questo, in lingua italiana corrente, equivale a volerne fortemente un sesto. Invece il crac muscolare della pertica di Fidene gliene ha riconsegnati quattro. Colpa sua? Colpa di chi non è riuscito a prendergliene? Esiste davvero chi addebita all’una o all’altra parte la perversione di mettersi nei guai per dispetto alla presunta controparte? Il rapporto sarebbe agli sgoccioli proprio per questo?

Il barzellettiere alla Gino Bramieri sarebbe divertente quell’attimo, se tutti non ne conoscessero le battute da un paio di generazioni. Quello, invece, dei pareri in libertà non richiesti, che ci si metta la firma o la faccia oppure no, comprese le prediche da don Muso Duro al turnover col ritorno dei playoff di Champions alle porte, lo spartiacque superdecisivo di un’annata che tutto sembra (podio in campionato senza fughe di Napoli e Inter) tranne che andata in vacca o con le quaglie, è il più deprimente e sconsolante di tutti. Tanto da mandare in depressione perfino chi scrive, che tifa Juventus. Ecco, relativizzare paragonando la situazione di casa propria, perché per i tifosi l’Atalanta è casa quanto lo è Bergamo coi suoi campanili e i parrocchiani dediti a dar credito ai più variopinti campanari, potrebbe essere un’efficace medicina. Gasperini contro i Percassi con Tony D’Amico preso in mezzo? Siamo non alle fantasie malate, ma alle parafilie. Come inventarsi un modo cretino per farsi del male.