Da ragazzino sognavo di diventare il nuovo Freddie Mercury, un po’ perché amo cantare sotto la doccia o quando sono in maghina, molto per via di un mio amico che amo, Fabrizio Rota, un uomo super sexy, fichissimo, il solo che avrei scelto se la natura mi avesse fatto gay. La prima volta che mi ha visto, a sedici anni, in Seconda Superiore, mi ha detto: “Facciamo un gruppo, non so se sai cantare, ma sei carino e hai un botto di carisma. Mettiamoci e tra tre anni saremo a Wembley di fronte al mondo”.
Storie d’infanzia, tra il Liceo Scientifico di Lecco, il Gian Battista Grassi (che ancora ignoro chi minchia sia stato nella vita), Consonno e l’oratorio di Galbiate, cose mie, solamente mie, Knockin’ On Heaven’s Door da suonare all’infinito, Nic alla tastiera, suo babbo che è bravo bravo e che ci dà dei consigli che noi non ascoltiamo, Vito al basso, Lupo, che sente le note uguali uguali a come quando fuori piove, la vodka alla pesca, ovviamente a fiumi, io che torno a casa con lo Zip a zig zag e parcheggio il motorino alla cazzo, mia mamma che mi aspetta alzata e mi dice “Hai bevuto” e io che confesso al volo e le rispondo “Sì, ma siamo artisti. Serve. Preferiresti mi drogassi?”.
Poi, anni dopo, la scoperta dell’unica cosa che so davvero fare, senza manco impegnarmi, così a caso, mentre faccio altro o sto al telefono, le frasi in fila, come adesso appena finita la Juve, due punti persi contro un bel Torino. E quindi mettermi, scrivere ogni giorno all’infinito, aspettando l’hamburger al Food Box oppure in coda in tangenziale o, ancora, mentre lei, che mi ama, sta giù, a farmi dell’ottimo sesso orale.
Articoli, soprattutto, ma anche racconti, libri, poesie e canzoni, i primi belli belli, i secondi, i terzi e le quarte così così, le quinte terribili, da pena. Ognuno di noi ha un metro, si sperimenta e si prende una strada, in ultimo il mio viaggio è la ribellione a questi politici infami. Aiuto me sognando di fare lo stesso con chi mi legge, penso che ogni mia frase sia identica alla vestaglietta in acrilico cinese altamente infiammabile di mia mamma, la metto ed è come indossare il costume di Super Man. Caccia via le ingiustizie che stiamo vivendo in Italia, sempre e per sempre, da un anno, quotidianamente.
Ma i brani no… Se mi metto, è solo per avanspettacolo, do, re minore, la minore, sol settima, ad libitum. Non sono diventato il nuovo Freddie Mercury, ma nemmeno Francesco De Gregori, come immaginava Claudio, un musicista straordinario, oltre che un uomo delizioso, col cuore tutto intorno, persino dentro ai piedi, dieci anni nel garage di Valgreghentino a inventare canzoni con me. Continuo a suonare, ci mancherebbe, del resto vivo ogni cosa come un vizio, fare l’amore, baciare la mia donna, le sigarette, le birrette, l’Amaro del Capo, il calcio, i miei libri, i miei figli, mia mamma, Erni, mio babbo da andare a trovare in riva al lago. Delle cose belle non riesco a fare a meno, e la musica è semplicemente stupenda, irrinunciabile.
Così oggi sono grato al Peso, fantastico, e alla sua dolce consorte che canta sognando, a Samu Zanichelli, super, al suo meraviglioso bambino e alla sua moglie bella e sorridente, alla Luciana, che è una mamma, e alla cantante del coro dell’oratorio che ha portato con lei, a Cri Bellina, che è spettacolare, ai suoi figli che sono i suoi cloni, magnifici, a Costy, che non è per nulla stonata e poi fa sempre ridere, all’attaccante del Valle Imagna che ha una voce da urlo, a Mik, che tira insieme il tutto, e al fonico, semplicemente superbo.
Fare We’re the fubal tutti insieme, arrivare in questo pomeriggio per una buonissima causa, ridere e vivercela mi ha fatto sentire Freddie Mercury. Aveva ragione Fabrizio, ma solo per una volta nella vita, a Wembley ci sono arrivato oggi a Dalmine. E l’inno del calcio bergamasco è qualcosa di fighissimo, già un vizio. Sappiatelo.
Matteo Bonfanti
Al link il testo della canzone: https://www.bergamoesport.it/leggete-il-testo-di-were-the-fubal-linno-del-calcio-provinciale-e-diteci-se-vi-piace-o-se-cambiereste-qualcosa/