di Matteo Bonfanti
Ieri, casualmente, ho finito presto. Sono tornato a casa e mi sono messo sul divano. Avevo voglia di una sera normale, come ce ne sono tante nelle case degli italiani: la famiglia riunita che si guarda insieme il programma su Rai Uno che è la rete nazionale e quindi va bene a me che sono un po’ strambo, ma anche a mio figlio Vinicio che pare essere un attimino più in sagoma e al mio secondogenito che si chiama Zeno e non gliene può fregar di meno di cosa danno in tv e, quindi, non protesta. Lui ha le pile sempre cariche, dopo mangiato fa ginnastica: salti in stile campionato del mondo di Wrestling o eleganti capriole. Oppure lecca fastidiosamente la faccia dei presenti che tentano di scappare. Mia moglie, intanto, si disinteressava a noi. Era al telefono. Per isolarsi chiamava i suoi parenti in giro per l’Italia, quelli in Brianza, sua sorella, sua nipote, suo papà, sua zia Gabriella, quelli in Riviera, la mitica zia Teresa e la cugina Francesca che è neomamma.
Io e Vinicio ci siamo sdraiati sul divano, Zeno si è steso sopra di noi, tirandoci, a turno, i capelli. E ci siamo sintonizzati su Rai Uno. Eravamo scioccati dal programma, era qualcosa partorito da una mente malata, da fermare al più presto o da spostare tardi tardi quando i bambini dormono. Questo il format: una serie di giovani cantanti che non avevo mai visto (ma probabilmente famosi perché il conduttore li trattava bene, insomma li rispettava) e di attori vecchissimissimi si cimentavano in alcuni grandi successi italiani e internazionali. E fin qui ci può stare: cantavano spesso disgraziatamente, ma senza far male a nessuno. D’incredibilmente inquietante c’era che dovevano trasformarsi negli originali cambiando la loro faccia e il loro corpo. Uno doveva diventare Claudio Baglioni, l’altro Stevie Wonder, l’altro ancora Paolo Conte. E venivano sbarbati, lisciati, truccati, addirittura li facevano negri o gialli o gli mettevano in bocca delle dentierine o gli allargavano il naso o gli allungavano le orecchie. Una tortura. E noi eravamo terrorizzati.
Verso le dieci e mezza mia moglie ha esaurito i parenti e, mestamente, si è unita al nostro gruppo che, assai spaventato, non riusciva a trovare la forza per girare su Sky Family. L’ha fatto lei, pensando all’imminente sonno dei suoi figli, rassicurandoli: “Vedrete, stanotte nessuno verrà a cambiarvi il viso mentre dormite. Non vi sveglierete né con la faccia di Leonardo (la tartaruga Ninja) né con quella di Sponge Bob”. Finalmente tranquilli, Vinicio e Zeno si sono subito appisolati.
Non io. Che, da buon cittadino italiano, alla Rai ci tengo un sacco. E’ cosa nostra, è in difficoltà, va aiutata. Allora mi sono messo di buzzo buono. Mi sono studiato per filo e per segno due programmi da proporre alla Rete Nazionale prima che sia troppo tardi e che Renzi smetta giustamente di farcela vedere per eccesso di bruttezza. Per motivi di spazio ne propongo solo uno, inventato da me e da due delle menti più brillanti della mia generazione, Andrea Riva e Fabrizio Rota, a cena insieme un mese fa.
Noi tre siamo stati compagni alle superiori. Andrea, che è un sentimentale dall’eccezionale simpatia, da anni ci ripete di riscriverci al Liceo, in blocco, per farci un quinquennio a combinarne di ogni, con la scusa di ripassare le materie, quel che ci è sfuggito di matematica, di fisica, di latino e di filosofia quando eravamo adolescenti. Ed ecco il format. E’ già tutto qua, pronto persino per la replica su Rai Educational, col nome gagliardo che più facile non si può: “La classe”. Si prendono i 29 che facevano parte della sezione B dello Scientifico “Grassi” di Lecco e li si obbliga a ripartire dalla Prima. Li si stipendia mensilmente, duemila euro a cranio, a patto che facciano la dura vita degli studenti e che, quindi, passino il pomeriggio a far finta di studiare nella cameretta della casa dei genitori, la sera a sparare cazzate al bar, la notte tra l’angoscia di non aver fatto la versione e l’irrealizzabile progetto di telefonare alla compagna più bellina per proporle un’uscitina sabato pomeriggio nel centro cittadino. Quindi li si filma, sui banchi vent’anni dopo, ora che due fanno i giornalisti, un altro paio i musicisti, tre i medici e altrettanti sono ingegneri e operai. Molti li ho persi e non so cosa facciano per sbarcare il lunario.
Chi è bocciato esce dal programma e non si fa la seconda stagione, un po’ come ha fatto adesso Ronn Moss che è scomparso da Beautiful. Tre mesi di ferie con l’obbligo di quindici giorni di vacanza insieme, l’intera classe e i professori che devono avere la stessa severità dell’epoca nonostante si stiano godendo la pensione. Gliela si toglie così non costano sul format, si risparmia qualcosina, rinvestendo i denari in gite scolastiche in Brasile o in India. Saremo su Rai Uno il sabato sera. Guardateci. Voi e i vostri bambini.
NELLE FOTO: I RAGAZZI DELLA QUINTA B DEL LICEO GB GRASSI DIPLOMATI NEL 1996-1997