Non c’era profumo nell’aria.
Non c’erano fiori nei prati.
Il sole non riusciva ancora ad alzarsi alto nel cielo, ed era costretto a nascondersi dietro i palazzi più alti a sud.
Eppure era pieno di sorrisi lì, attorno allo stadio, e la strada si dipingeva di abbracci sinceri tra amici e di tante “mano nella mano”.
Mio figlio Edoardo era all’Atalanta con me, e mi teneva forte la mano, visibilmente emozionato.
La sua piccola mano si perdeva nella mia, e mi ricordava quando ero io da piccolo a stringere quella di mio padre, mentre mi accingevo ad entrare al Brumana.
L’emozione scorre ancora veloce sul filo del ricordo della mia prima volta all’Atalanta: il profumo del biglietto colorato tra le mie mani, la scalinata infinita dietro la Sud, il verde del prato che mi abbaglió più del sole, mio papà che vedendomi silenzioso mi sussurrò: “Tutto bene? Ti piace?”.
Non risposi nemmeno, bastò solo uno sguardo complice, in cui si celava un ringraziamento impossibile da esprimere con semplici parole.
Ed esattamente un anno fa, in quel magico catino, oltre a mio figlio, vedevo centinaia di bambini “mano nella mano” con il loro papà o la loro mamma, che vivevano di emozioni vere, tangibili, che potevi persino respirare.
E anche se non c’era profumo nell’aria, non c’erano fiori nei prati e non era ancora tempo di Primavera, ogni istante, lí, sbocciava magicamente qualcosa.
Sbocciava tra le nostre mani, che stringevano altre mani.
Torneremo a far germogliare le emozioni, ne sono certo.
Per ora, non dimentichiamo di essere quelli di un anno fa.
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