Con i campionati dilettantistici nuovamente ai box, mister Fabio Drago accantona pronostici e analisi dedicati nelle scorse settimane a Eccellenza e Promozione, per ampliare il proprio sguardo, abbracciando la stretta attualità. Non necessariamente calcistica. A tenere banco, così, sono le decisioni assunte dalle Istituzioni ai tavoli di governo e – per tornare agli eroi pallonari di casa nostra – il personalissimo ricordo dedicato alla figura di Albino Maffioletti, ex allenatore di Cisanese, Casazza e Mapello, scomparso martedì scorso.“Nel marasma di opinioni, e di polemiche, scaturito con la decisione da parte di Regione Lombardia di sospendere per qualche settimana il calcio dilettantistico, mi sono ritrovato nelle parole di Matteo Bonomi. Il calcio è importante: per i giovani, per il gruppo, per la crescita. Ma quando ci chiediamo il perché della sospensione, e mi riferisco in particolare ai dubbi dei dirigenti ma anche delle stesse famiglie, mi ritrovo perplesso: l’importante, a questo punto, è salvaguardare salute e posto di lavoro. Nei dilettanti non c’è modo di avere i tamponi a fine allenamento; non sei coperto o tutelato come nei professionisti. Allora la decisione di sospendere tutto e rimandare a tempi migliori diventa inevitabile. Sarà compito dei genitori trovare più tempo per i propri figli, magari portandoli in cortile per una partitella e per quei benedetti allenamenti individuali. Per quanto asintomatici, sono i giovani, ad oggi, a rappresentare il volano in questa seconda ondata e non sai mai cosa ti portano in casa, tanto più in presenza di anziani o di malattie pregresse. I genitori devono tutelare salute e posto di lavoro e non può essere altrimenti. Da un punto di vista sportivo, l’errore più grosso commesso dalla Federazione è l’aver ripreso l’attività in maniera troppo anticipata. Le voci che inizialmente giravano chiamavano in causa la fine di ottobre e già di per sé qualche dubbio non poteva mancare: era passato troppo poco tempo, per lasciare davvero alle spalle quanto è accaduto da marzo in avanti. Addirittura, hanno deciso di far ripartire assieme scuola e calcio e il virus ha ripreso a circolare liberamente. Se invece avessimo cominciato a gennaio, pur con le criticità legate a un calendario serrato e pieno zeppo di impegni, forse le cose sarebbero andate meglio. Evidentemente girano troppi interessi, anche nel dilettantismo. Così condivido pienamente la scelta dello stop, promossa lo scorso fine-settimana, anche perché in queste condizioni diventa difficile prepararsi mentalmente e fisicamente al calcio. E’ uno sport di gruppo ed è uno sport situazionale: non si può prescindere dalla situazione contingente. L’idea degli allenamenti individuali, che comunque non condivido, può limitarsi a 15-20 minuti, nell’arco di una settimana, risultando probante, per non dire fastidiosa, per i ragazzi, che preferirebbero svolgere quel tipo di lavoro per conto proprio, senza nemmeno doversi recare al campo. Il calcio prevede delle situazioni, da provare in allenamento in vista della partita, e un lavoro analitico che passa per la palla, oltre che per corsa e forza. E con la palla di mezzo non ci si può rifare al singolo giocatore, ma a un gruppo più ampio, in grado di ricreare quelle situazioni che alla domenica potrebbero risultare decisive. Il lavoro individuale per me è impensabile. O almeno, non è allenamento, perché l’allenamento è la cura delle due fasi, dei reparti; è l’allenarsi in 8 contro 8, non certo 1 contro 0. Da un punto di vista metodologico, l’idea dell’allenamento individuale, per quanto inquadrabile in una soluzione-tampone e dunque provvisoria, ci riporta indietro di 100 anni. Anche, e soprattutto, perché senza palla allenarsi diventa impensabile. Certo ogni allenatore è libero di portare avanti il proprio credo, ma chi, come me, crede in principi e concetti ben precisi, non può non allarmarsi dinanzi a questo tipo di scenario. Restando in tema di guide tecniche, ci ha lasciato da pochi giorni un allenatore che ho stimato dentro e fuori dal campo: Albino Maffioletti. Quando ancora giocavo, a Brusaporto, lo affrontai quando allenava a Calcinate, poi più recentemente ci siamo ritrovati in Promozione, quando Albino è stato prima a Cisano e poi a Casazza. E poi ci sono le amicizie in comune e penso in particolare a Matteo Moranda, storico preparatore delle squadre allenate da Albino, e Giambattista Pedrini, da cui ho appreso purtroppo la triste notizia di questa settimana. Quando l’ho conosciuto, è emersa da subito la grande intelligenza, la cultura, la capacità di catturare l’attenzione con le parole e con il carisma. Abbiamo condiviso dei campionati e delle sfide, ma era piacevole soprattutto il potersi ritrovare fuori dal campo, magari incrociandosi per caso in Città, per confrontarsi e condividere i propri punti di vista. La sua scomparsa lascia un vuoto enorme; la sua sarà una mancanza che si farà sentire dal punto di vista umano, ma anche sotto l’aspetto della professionalità, che scaturiva da ogni sua parola e ogni sua azione. Credo abbia detto bene Matteo Moranda, che ebbi modo di presentare proprio a Maffioletti: di sicuro Albino ha vissuto i suoi 59 anni al 110%. Gli piaceva fare tutto, non si precludeva niente; era rispettato in ambito lavorativo, dato che ricopriva un ruolo apicale in ambito farmaceutico; era impegnato calcisticamente, trovando, penso in particolare ai campionati di Cisano e alla Coppa Italia col Casazza, le proprie gioie e i propri allori. Purtroppo è arrivato un male incurabile a portarcelo via. E ce l’ha portato via troppo presto”.Fabio Drago (ha collaborato Nikolas Semperboni)