di Marco Bonfanti

I miei due fratelli maggiori, Franco e Beppe, quando andavano d’accordo litigavano, che è come dire che, a quei tempi, a Lecco quando faceva bello, pioveva. Avevano due caratteri opposti: l’uno, Franco, era bello, leggero, evanescente, vanesio e ondivago, mentre l’altro, che proprio un Adone non era, era volitivo, sanguigno, testone, caparbio e deciso. Capitava, anche se assai raramente, che fossero stufi di dirsele e di darsele e che ci fossero quindi dei momenti di armistizio in cui scendevano in cortile per giocare un po’ a pallone. Naturalmente mi portavano con loro, essendo che gli mancava un portiere, o meglio, un testimone per le loro prodezze.

Lì in cortile si esercitavano a tirare in porta delle potentissime bordate, cosicchè il mio ruolo, assunto da me medesimo, era quello di cercare di scansarle, onde non venir malauguratamente spiaccicato al muro. Io non ero niente e nessuno e il calcio giocato, per limiti intrinseci alla mia fisicità, mi interessava assai poco. Loro due invece erano calciatori praticanti, allora nei campi oratoriani poi in quelli delle giovanili del Lecco. Franco, in quel periodo ancora adolescenziale, aveva diviso gli aficionados  pallonari in due categorie: gli artisti e i muscolari, non so se inventati da lui o mutuate da qualcun altro. Lui naturalmente stava con gli artisti e Beppe con i muscolari. Franco non disse mai di che sostanza erano fatte queste due categorie, quindi quanto dirò da qui in avanti è frutto delle mie supposizioni e deduzioni.

L’artista era un calciatore dotato di una tecnica sopraffina con inclusi alcuni numeri da giocoliere (tra cui un tot impressionante di palleggi di seguito con varie parti del corpo), sapeva fare dei dribbling stretti e veloci, alzava la testa senza curarsi della palla fra i piedi che usava con perizia in entrambi i casi di destro e sinistro.  Il muscolare era invece un motorino tutto cuore e volontà con cui sopperiva a una tecnica approssimativa, sapeva distruggere più che costruire, ma laddove lo cercavo, in tutte le zone del campo, lui c’era.  La differenza più sostanziale era però un’altra: l’artista giocava per sé, il muscolare per la squadra.  Giocando per sé e per il proprio assoluto piacere, il rendimento dell’artista era piuttosto variabile, dipendeva da come si sentiva in quel momento, se l’ispirazione quel giorno arrivava o no.  Il muscolare non aveva né felicità, né paturnie, di gioco, era lì, doveva dare il meglio di sé, l’impegno era cosa dovuta e indiscutibile.  I due fratelli giocarono poi con alterne fortune, l’artista sempre altalenandosi, arrivò anche a giocare nelle riserve del Lecco, allora in Serie A.

Ecco per quel che riguarda la mia personale genia ho avuto un figlio muscolare e un nipote artista.

Il figlio muscolare, il mio Matteo, è stato, per me, un grande giocatore. Io, attraverso di lui, ho amato il calcio e, attraverso il calcio, amato lui. Puntuale e deciso su ogni pallone, il mio ricordo è di un folletto rosso che non si risparmiava mai. Poi, solare come era, alla fine del primo tempo mi veniva a cercare per commentare la sua prestazione e così il calcio,  con lui, era una festa di dialogo continuo.

Pietro, il nipote, ha veramente buoni numeri nei piedi, ma a me vederlo mette il più delle volte irritazione. Sembra sempre giocare da solo e bearsi della bella giocata, non perché è servita a qualcosa, ma semplicemente come se fosse un’ispirata pennellata. Al terzo dribbling che non gli riesce (succede anche questo) rincorre l’avversario e gli dà un bel pestone, in segno di lesa maestà. Esce dal campo sempre leggermente scazzato, come se fosse stato ingiustamente ingaggiato per una rappresentazione da poveri, il nonno non so se lo vede, ma certo non lo considera. Così artista e muscolare sono due anime belle che vagano nel nostro cielo del pallone, senza mai incontrarsi. Il giorno che si acchiapperanno e, amandosi, si fonderanno, nascerà un Bonfanti grande e completo calciatore.  Chissà cosa potrà succedere: se questo sarà uno tra Vinicio e Zeno, o, Dio non voglia, i due fratelli  incarneranno anche loro le due anime familiari?
Tifare per la prima ipotesi è d’obbligo: auguri nipoti!

Marco è il papà di Matteo (che ieri ha scritto “Mio figlio Vinicio inizia la scuola calcio”) ed è il nonno di  Zeno e Vinicio, futuri calciatori dell’Excelsior, che appaiono nella foto