Penso spesso a Fontana, due tre volte al giorno, da mesi mi perdo via a immaginarmi a quali strambe idee si devono i suoi provvedimenti. Vuole fermare una malattia evitando che dei ragazzi in salute giochino a pallone. Ritiene che una nuova pandemia si blocchi proibendo ai supermercati di vendere gli alcolici dopo le sei di sera, cosa che, giustamente, permette di fare ai bar. E’ convinto che la battaglia col covid si vinca chiudendo in casa la gente dopo le 23. Mentre ignora l’idea di superare un’emergenza sanitaria puntando su vaccini e tamponi, o quella di potenziare gli ospedali, assumendo medici e infermieri.
Così mi viene in mente la vita di Fontana, quella di tutti i giorni, con queste sue convinzioni. E me lo immagino correre dallo psicologo perché si è fatto male a una gamba o rinunciare a mangiare le castagne perché ha litigato con un lontano parente o partire in bicicletta per i monti perché è stanco e ha sonno. Me lo vedo mentre va dal concessionario a comperare una bella macchinona nuova perché gli è venuta voglia di farsi un viaggio in treno. Lo sogno la sera mettersi sul divano di casa con la copertina verde della Lega perché ha appena invitato al cinema l’amico Gallera. E vorrei andare ad abbracciarlo, che il problema di quando si fa così è che ci si sente soli soli, ma non posso perché c’è il Coronavirus. E mi dispiace per lui, ma soprattutto per me e per gli altri che viviamo in Lombardia, che non ragioniamo come lui e che ogni volta ci restiamo male.
Matteo Bonfanti