C’è qualcosa che non torna sulla gestione del calcio provinciale in questo momento in cui l’emergenza coronavirus sembra ormai alle spalle. C’è una totale sproporzione rispetto a quello che sta accadendo in tutti gli altri ambiti. La stessa sensazione riguarda anche i tifosi, dalla Serie A fino alla Terza categoria, che non sono ammessi a nessuna partita e non lo saranno ancora per tantissimi mesi.
Delle due l’una. O ci stanno mettendo un’altra volta in pericolo, permettendo qualsiasi tipo di assembramento, ieri in centro a Bergamo quello a cui ho preso parte, per chiedere giustizia e verità riguardo alla pessima gestione della pandemia da parte dei vertici regionali. Oppure c’è una sorta di accanimento contro di noi, che giochiamo nei campionati minori, tifando per l’Atalanta, andando allo stadio a vederla.
Il 24 giugno tornerà in tutta Italia la possibilità di praticare gli sport di contatto, ossia anche il pallone, la disciplina sportiva più bella che c’è al mondo. Ma, parlando con i dirigenti della Lega Nazionale Dilettanti, ancora questa settimana mi dicono che le nostre squadre potranno tornare a giocare “se va tutto bene solo dalla fine di ottobre”, sfalsando, di fatto, la seconda stagione agonistica sia dei dilettanti che delle categorie giovanili.
Anche qui il dubbio è quello di prima: stanno mettendo in pericolo me e i miei amici che tra pochi giorni torneremo al campo di Orio a fare partite su partite amatoriali oppure stanno smontando pezzo per pezzo un sistema, dico quello del pallone provinciale, fondamentale anche da un punto di vista sociale?
Citando Bob Dylan, in traduzione, risposta non c’è oppure chi lo sa, perduta nel vento sarà.
Pressoché identici i miei pensieri riguardo ai tifosi. Nell’ultima settimana ho partecipato a due manifestazioni che avevano ogni via libera possibile, una già raccontata, l’altra contro ogni forma di abuso di potere. In entrambi i casi c’era moltissima gente, come in una domenica in un settore dello stadio di Bergamo, che però è ancora chiuso agli appassionati e di riaprirlo non c’è l’idea, ma manco lontanamente.
A tutte e due gli appuntamenti c’erano un sacco di miei amici, ok, con la mascherina e distanziati, ma, va detto, dopo sei giorni dalla prima stiamo tutti bene.
Ora io penso che l’emergenza covid ci abbia insegnato a farci domande su quello che ci dicono i nostri politici, quelli di destra, di centro e di sinistra, in evidente stato confusionale, con dichiarazioni e scelte che cambiano quotidianamente. L’impressione è che la stessa cosa stia succedendo anche riguardo ai provvedimenti che prendono per il pallone, un mondo che ha dirigenti, calciatori e tifosi che in questi mesi qui da noi hanno dimostrato un senso di responsabilità straordinario e che troverebbero il modo di giocare o di vedere una partita senza mettere in pericolo nessuno.
Matteo Bonfanti