“Una società sana non preclude investimenti, anzi. L’input, anche dei Pagliuca, è rafforzare la squadra mantenendo gli equilibri societari per garantirle un futuro. Perso un centravanti della Nazionale, il diesse Tony D’Amico ha preso subito l’altro. E in tutto abbiamo speso più di 130 milioni“
. Luca Percassi ha festeggiato a modo suo, con una serie di ricordi, di rivendicazioni e di dichiarazioni d’intenti, il compleanno numero 117 dell’Atalanta: “Un momento di gioia e riflessione, in cui siamo considerati un modello di riferimento per le realtà medio-piccole come la nostra, perché cade nell’anno solare del risultato sportivo più importante di tutta la storia”, il pensiero dell’amministratore delegato nerazzurro a Radio Serie A-RDS-App DAZN nella nuova trasmissione GoAl Economy di Marco Bellinazzo.
“Quando si ottengono i risultati, è legittimo che creino aspettative – spiega il dirigente nerazzurro, riferendosi all’Europa League vinta il 22 maggio scorso -. Ma dobbiamo ricordare sempre chi siamo e che cosa facciamo, la nostra dimensione. I tifosi ci capiscono, anzi ci invitano loro per primi a tenere i piedi per terra e a lavorare. Il lavoro, lavoro bergamasco, è quello che c’è dietro il club e la ristrutturazione dello stadio, evocativa della capacità tutta nostrana di progredire demolendo e ricostruendo”.
Le memorie, anche quelle meno vicine nel tempo, reclamano la loro parte, perché l’Atalanta attuale e la Famiglia Percassi sono una cosa sola. “Mio padre Antonio fu chiamato alla guida della società da Achille Bortolotti, cui era mancato il figlio Cesare, nel 1990. Nel 1994 dovette lasciare molto a malincuore perché impegnato in sfide imprenditoriali cruciali. Poi tornammo nel 2010, quando c’era bisogno di una mano, con la squadra appena retrocessa in serie B: per papà la presidenza, lui cresciuto nel settore giovanile e arrivato da Clusone come ragazzo del vivaio negli anni sessanta, fino a divenire capitano della prima squadra, è sempre stato il primo dei sogni. Me lo dice, ce lo dice ogni giorni con gli occhi”.
Da allora, gli investimenti, ed ecco la rivendicazione, non sono mai mancati. “I due obiettivi primari, 14 anni fa, erano tornare a far risplendere il Centro Sportivo Bortolotti, dando risalto al settore giovanile di cui anch’io ho avuto l’onore di essere parte, e giocare almeno dieci anni di fila in A dopo esserci tornati. Siamo andati molto oltre, diventando proprietari dello stadio il giorno del centodecimo compleanno del club – ha continuato il CEO atalantino -. Sono stati investiti 100 milioni per la ricostruzione: il Gewiss Stadium rappresenta al meglio la città e il suo tessuto imprenditoriale, è fatto del cemento della cementeria di Calusco d’Adda, è figlio del lavoro bergamasco, è perfetto per la tifoseria e il nostro progetto”.
Infine, il legame col territorio: “Mio padre è il primo a ricordarci il senso di appartenenza ripetendo che ‘l’Atalanta è Bergamo e Bergamo è l’Atalanta’ – chiude Luca Percassi -. Appena arrivati in società nel 2010, alla Festa della Dea davanti ai tifosi, ebbe l’idea di regalare la magliettina a tutti i neonati. Il segnale di unicità del rapporto è che a Bergamo ormai nascono solo atalantini. A casa nostra, come in tutte le famiglie, seguire l’Atalanta e sostenerla è una raccomandazione che parte dalle nonne e si trasmette da padre in figlio”.