Resta che per me l’unico problema del Mario Balotelli visto giocare meravigliosamente oggi a Verona è che il ragazzo è troppo intelligente per fare il calciatore. E’ lo stesso problema che ha ora Claudio Marchisio, il vestito da polletto da allevamento intensivo, in cemento, l’abito obbligato dei ragazzi che dal prestigioso vivaio arrivano in Serie A, quei due ce l’hanno, ma lo tengono sempre nell’armadio, non riescono mai a metterselo.
Si sono presi i soldi, milioni di milioni, ignorando, da buoni ottimisti, quello che avrebbero dovuto dare in cambio, una sola cosa, stare zitti, buon buoni, di fronte alle offese razziste del popolino, la nostra povera Italia, che già a mezzogiorno sta al bar a spararsi spritz e campari ascoltando Salvini. Del resto i soldoni Mario e Claudio li prendono o li hanno presi grazie a quell’esercito becero e odioso che le uniche due teste pensanti del mondo del football europeo continuano, in modi quasi sempre opposti, a condannare.
Diego Armando Maradona, il più grande di tutti, si è battuto contro i colonnelli, ma era un altro mondo, Pep Guardiola, il miglior mister nella storia del pallone, più o meno a ogni intervista scende in campo contro i soprusi spagnoli nei confronti dei leader catalani, ma sta a chilometri da noi. Anni fa, a Costa di Mezzate, uno dei responsabili del vivaio del Barcellona mi spiegava che l’Italia calcistica era senza futuro perché stavamo crescendo robot, non uomini. “Un giocatore diventa un campione se va a bersi una birra con gli amici, se si innamora di chi ha voglia, non di chi decide il club, se decide che è più importante andare in manifestazione per un mondo migliore”.
Mi accorgo che sarò impopolare, ma Mario Balotelli è il solo talento di valore assoluto prodotto in Italia negli ultimi vent’anni. Molto fanno le sue gambe. Più di tutto la sua testa, in campo come nella vita, in direzione ostinata e contraria all’Italietta di oggi, quella che in Parlamento si rifiuta di votare la proposta di una commissione contro l’odio razziale, quella che stigmatizza i bu, le offese, i fischi che si sentono allo stadio nei confronti di chi ha la pelle nera.
Venissero in redazione da me mentre lavoro a coprirmi di insulti perché ho i capelli rossi e le lentiggini, venissero da tutti voi, che dite che Balotelli è solo un povero scemo, venissero in officina, in fabbrica, nel vostro studio, a insultarvi, a schernirvi, a dileggiarvi, per un’ora e mezza, senza sosta, mentre fate (bene) il vostro lavoro, a offendervi perché siete biondi o mori, con gli occhi azzurri o marroni. La faccia che fareste ascoltando il vostro capo che fa spallucce mentre state impazzendo di rabbia: “Che scenate, che esagerazioni, sono solo quattro scemi…”. Anche nella Germania degli anni trenta continuavano a dirlo e sappiamo come è andata a finire. Forza, Mario, forza, Claudio. Sempre e comunque.
Matteo Bonfanti