Non sarà la prima volta, per l’Atalanta in Europa League contro lo Sporting Lisbona, bensì la sesta. Lo spauracchio del Gruppo D, toccato in sorte in nerazzurri insieme allo Sturm Graz e al Rakow Czestochowa, li tenne infatti a battesimo all’esordio con le competizioni UEFA nel lontano 1963, ancor prima dei quarti di finale di Coppa delle Coppe del 2 e 16 marzo 1988 by Emiliano Mondonico in cui Aldo “Gol” Cantarutti timbrò sia nel 2-0 all’andata che nel pari striminzito al ritorno.
Vincitori della Coppa Italia, unico trofeo in bacheca, il 2 giugno 1963, il 4 settembre successivo i bergamaschi del trio difensivo Pizzaballa-Pesenti-Nodari fecero l’ingresso al vecchio Comunale nelle coppe europee ospitando l’andata del primo turno all’ombra della Maresana regolando i biancoverdi nella ripresa: al 28′ Salvador Calvanese su passaggio di Kurt Christensen e al 41′ Angelo Domenghini, triplettista eroe della finalissima del trofeo nazionale a San Siro, dalla media con una bordata apertagli dal lancio del terzino destro Alfredo Pesenti da Zanica.
Il ritorno e lo spareggio, rispettivamente al “José Alvalade” e sul neutro del “Sarrià” di Barcellona, invece, dissero male alla squadra di Carlo Alberto Quario, subentrato a Paolo Tabanelli in estate e a sua volta destinato a cedere le armi a Carletto Ceresoli alla ventesima di campionato. Il 3-1 del 9 ottobre a campi invertiti costò la lussazione al gomito sinistro per il portiere-figurina numero 1 più famoso e ricercato del mondo, proprio in occasione dello svantaggio al quinto siglato in mischia da Figueiredo. Il pari di Christensen beffando portiere e marcatore al 18′ non bastò: Calvanese, 9 tattico bonaerense improvvisato tra i legni, non essendoci all’epoca sostituzioni, prese gol nella ripresa da Mascarenhas (17′) e Bé (32′). Nella capitale catalana, infine, il vantaggio del bresciano Chico Nova a rimorchio di Flemming Nielsen (22′) venne ribaltato nei regolamentari ancora da Mascarenhas due lancette più tardi e quindi nei supplementari da Lucio (8′ del primo tempo) e dal doppiettista di giornata, 3 gol nelle 2 partite decisive, a 5′ dal termine. In porta, in gara 3, c’era il romanese Zaccaria Cometti.
Altro giro e altra storia, infine, quasi un quarto di secolo più tardi, alla seconda esperienza atalantina nel calcio che conta. Qui, al contrario della prima volta, da finalisti della Coppa Italia col Napoli scudettato (3-0 il 7 giugno a Fuorigrotta, 1-0 a Bergamo 6 giorni dopo) con la squadra di Nedo Sonetti già retrocessa in serie B. Quella del Mondo, eliminati Merthyr e OFI Creta, si sarebbero arresi solo al Mechelen/Malines nelle famosissime semifinali (doppio ko per 2-1), fu l’impresa delle imprese: a Bergamo rigore di Eligio Nicolini a 1′ dall’intervallo e raddoppio in mischia del friulano a 9′ dal gong, di là vantaggio di Houtman (66′) resistito soltanto un quarto d’ora scarso al dribbling con appoggio in caduta del medesimo al portiere Damas dopo il lancio del piccolo grande regista offensivo di Omegna.
Ricordi incancellabili dalla testa e soprattutto dal cuore. Come andrà stavolta al cospetto di mister Ruben Amorim, erede delle panchine delle altre due volte, di Alvaro Cardoso e Antonio Morais? Ah, dimenticavamo: il 12 agosto 2020 per la Dea la città più importante del Portogallo significò quarto secco di Champions a porte chiuse perso causa rimontone Marquinhos-Choupo Moting tra 90′ e 93′ all’imbucata iniziale di Mario Pasalic (26′). Ma era il santuario dei rivali cittadini dello Sporting Club de Portugal, ossia il “Da Luz”…
Simone Fornoni