di Evro Carosi*

Fu molto tempo fa quando davanti la vetrina di un negozio del centro cominciò ad aggirarsi un uomo ormai anziano. Si fermava, fingeva d’osservare la merce esposta e se ne andava. Aveva l’aria di chi cerca qualcuno più che qualcosa. Gino non condivideva la fedeltà, per questo i suoi legami finivano spesso in modo spiacevole. Uno di questi quando aveva diciotto anni. Lei, Giulietta, era una ragazzina bella, dolce e simpatica. Si affidava completamente a lui in quei momenti in cui era importante avere un amore. A causa dei suoi continui tradimenti il rapporto finì ben presto in modo burrascoso. Giulietta lavorava proprio in quel negozio. Gino l’aveva saputo e si innamorò di una donna che non vedeva da quarant’anni. Senza neppure sapere quale fosse ora il suo aspetto fisico,  lei era addetta al magazzino e raramente entrava in contatto con il pubblico. Così una sera pensò d’aspettare l’uscita delle commesse, i cui visi ormai conosceva bene. Dopo qualche tentativo andato a vuoto, Gino scoprì finalmente dove si trovasse quella porta. Le commesse sfilarono davanti a lui, ma Giulietta non c’era. Aveva preso un giorno di permesso e lui non lo poteva sapere. Sfiduciato pensò che l’informazione ricevuta da un amico fosse falsa e per qualche mese non passò più lì davanti. Una sera di dicembre, mancava poco al Natale, Gino gironzolando per il centro non volle evitare di lanciare uno sguardo. Lo aveva fatto altre volte inutilmente. Ormai quelle vetrine erano parte di lui. All’esterno, mentre salutava una cliente, vide una donna in grembiule da lavoro. Sembrava Giulietta. Le forme più rotonde, occhiali, capelli lunghi dalla perduta freschezza, ma era lei. La donna sorrise alla cliente. Un brivido lo immobilizzò. Non sapeva che fare. Scappò a casa. Non era pronto e non volle sprecare l’occasione.
Giulietta era rimasta sola dopo un matrimonio durato a lungo, la cui fine le tolse la voglia di ricominciare. Passava le serate in solitudine davanti alla tv. Guardava programmi del genere “Chi l’ha visto”, trasmissione che si chiama così proprio perché lo spettatore s’addormenta facilmente e non riesce mai a vederla fino in fondo. Anche Gino era solo. Aveva visto mille donne impazzire per lui, ma ora passava le giornate immerso nella noia in attesa di poter giocare qualche lira alla pelota di via Palermo.
Era la sera della vigilia quando Gino armato di coraggio e ben preparato a dir ciò che doveva, salutò Giulietta all’uscita sul retro. La donna lo riconobbe dal sorriso, poi dagli occhi anche se nascosti dall’età. Ricambiò il saluto e qualche domanda prevista dal rituale. Lui la invitò per un caffè in galleria. Poco a poco l’aria si smollò fino a farsi frizzante. Per un paio d’ore si raccontarono e risero insieme delle loro storie. Per un attimo si sentirono immortali, audaci e strafottenti come lo erano da ragazzi. Il pensiero di ammettere le proprie miserie affettive, non li sfiorò. Usciti dal bar si salutarono con un abbraccio ed un bacio innocente. Lei prese una direzione e lui quella opposta. Si salutarono ancora una volta da lontano.
Per quel che ne sapevo, non ci fu seguito all’incontro. Fu un chitarrista di strada a raccontarmi che quella stessa sera li vide attraversare di corsa la piazza, stretti uno all’altro. In mano avevano un panettone e un piccolo alberello, nei loro cuori sorridenti la grande forza di un tempo.
*conosciuto dai nostri lettori come il Maestro