Lisbona
la prima trasferta, accompagnato dal figlio maggiorenne di un ex compagno del padre nella Primavera dell’Atalanta. 16 marzo 1988. Catanzaro la prima di campionato, il 12 giugno successivo, per un’andata e ritorno in treno che gli fece perdere lo scritto dell’esame di licenzia media, “unico bocciato di tutta la terza B”. Due estratti del racconto di Claudio Galimberti, più noto come Bòcia, “… PRIMA, DURANTE, DOPO…”, nella raccolta intitolata “Zona Franca”, che rievoca storie di personaggi che hanno vissuto intensamente – e in ambiti diversissimi – gli Anni ’80 e ’90. A proporlo, il portale Ultimo Uomo: se volete leggerlo in edizione integrale, cliccate QUI.
IL BOCIA A CATANZARO
Appuntamento sabato pomeriggio al Piper, bar di ritrovo delle Brigate Neroazzurre. Siamo undici.
Ore 19. Stazione di Bergamo: regionale per Milano.
Ore 20. Stazione di Milano: diretto per Lamezia Terme.
Ogni domenica l’Italia è attraversata da carovane di tifosi.
A Parma, incrociamo i bolognesi. A Roma, i laziali. Alla stazione di Campi Flegrei, dove un guasto al locomotore ci costringe a una sosta imprevista, l’incontro con migliaia di reggini, diretti a Perugia per lo spareggio con la Virescit Boccaleone, seconda squadra di Bergamo.
Fa caldo. Scendiamo. Si accorgono delle nostre sciarpe. Più di cinquanta di loro si compattano e ci vengono incontro.
Veloce scambio di cinghiate e pugni.
Con noi ci sono anche tre ultras del Cosenza, a cui siamo legati da un reciproco rispetto, risalente ai tempi di Padre Fedele (storico tifoso della curva rossoblu e organizzatore, dopo la tragedia dell’Heysel, del primo raduno dei gruppi ultrà italiani).
Su un autobus mandato dal prefetto – scortati solo da una volante – attraversiamo, in quattordici, il centro di Catanzaro. Porte spalancate per reagire al primo lancio di sassi.
Superati i cancelli dello stadio, da fuori una delegazione di tifosi rivali ci chiede di parlare.
Rete di recinzione a farci da divisorio come grata di confessionale.
Vogliono i cosentini.
Col cazzo che glieli diamo. Ormai siamo fratelli.
2 a 0 per il Catanzaro. La Serie A dobbiamo giocarcela all’ultima giornata.
Mentre i miei compagni di classe, alle prese con l’esame di terza media, scrivono obbedienti il loro temino sulla nube di Chernobyl, io e gli altri dieci atalantini siamo ancora sul treno che da Lamezia ci riporta a Milano.
Quell’anno, 1988, di tutta la terza B, sarò l’unico bocciato.