Tanto tuonò che non piovve. La vexata quaestio dei tamponi alterni della Lazio, con casi di positività plurimi mai denunciati all’Asl di competenza, si compone con la sentenza piuttosto mite del Tribunale Federale Nazionale, organo giudicante della FIGC. Ovvero 7 mesi di inibizione al presidente Claudio Lotito, 12 ai medici sociali Fabio Rodia e Ivo Pulcini, più 150 mila euro di multa alla società. “Il Tribunale Federale Nazionale Sezione Disciplinare presieduto da Cesare Mastrocola ha accolto il deferimento del Procuratore Federale nei limiti di cui in motivazione, sanzionando la Lazio con un’ammenda di 150mila euro – si legge nel dispositivo, dal comunicato della Federcalcio -. La società era stata deferita per la violazione delle norme federali e la mancata osservanza dei protocolli sanitari vigenti. Il TFN ha inoltre inflitto 7 mesi di inibizione al presidente della società Claudio Lotito e 12 mesi di inibizione ai medici sociali Ivo Pulcini e Fabio Rodia”.
Le richieste del procuratore federale Giuseppe Chinè per violazione dei protocolli anti Covid-19 era appena un po’ più congrua, escludendo comunque i possibili punti di penalizzazione (da 6 a 10, in caso di sconfitta a tavolino) per Torino-Lazio e Lazio-Juventus del 1° e 8 novembre, le due partite di campionato incriminate: duecentomila di sanzione, 13 mesi e 10 giorni a Lotito e 16 mesi ai due medici sociali. Nel mirino le partite di Champions con Club Brugge e Zenit San Pietroburgo, coi test processati dal fiduciario UEFA Sinlab, e le due di serie A (laboratorio “Futura Diagnostica”): Ciro Immobile (autore del 3-3 nella prima partita di A contestata), Lucas Leiva, Thomas Strakosha e Djavan Anderson (in panchina coi bianconeri) i tesserati coinvolti e finiti quantomeno a referto nonostante la positività. La linea difensiva laziale, a cura dell’avvocato Eduardo Chiacchio, puntava sulla invalidità del protocollo perché non ancora approvato dal Coni e su testimonianze di virologi circa il non obbligo di comunicazione all’Asl.