di Matteo Bonfanti

Non c’è niente da dire: Silvio mi intrippa assai. Da ragazzo lo odiavo perché era il nemico numero uno e partecipare alle manifestazioni contro di lui era un dovere morale oltre che una moda. Poi, una volta diventato uomo, va detto un po’ per volta, non all’improvviso, ho iniziato a nutrire per l’ex Cavaliere una certa simpatia. Quella che si ha con i parenti anziani che hanno perso la ragione e sono diventati picchiatelli. Comunque, prima nel male, ora nel bene, Berlusconi partecipa ai miei pensieri. Così ieri ero a pormi i soliti quesiti sulla sua vita, immaginandomi olgettina. Stavo lì e mi facevo due conti, nell’ipotesi che il presidente del Milan mi convocasse da un momento all’altro ad Arcore, magari con un messaggino su Whats App.
Guardavo il cellulare e pensavo: quanto gli chiederei per travestirmi da Ilda Boccassini, che è rossa di capelli come me, fare in tanga un paio di evoluzioni di lap dance ed essere carino  con lui e i suoi amici?
In redazione c’erano le nostre tre donne, Costanza, Betty e Monica e c’era Marco a organizzare la settimana dei collaboratori. Ovviamente giravo la domanda anche a loro. Con la cattolicissima Moni c’era polemica (“ma che schifo, io manco per un milione di euro”), le altre due facevano le scimmiette giapponesi (non vedo, non sento e non parlo al direttore), Marco concordava con me che diecimila euro a serata, il compenso di Ruby, sarebbero stato un bel prendere. Io pure di meno. Inizialmente ho pensato che un millino (in assegno non post datato) sarebbe stato il minimo per dare la mia disponibilità. Nel pomeriggio la cifra si è abbassata costantemente. Arrivata sera, ero disposto ad andare in villa in accappatoio e boxer per appena duecento euro. Ragionavo ad alta voce: intanto se facciamo dieci cene galanti al mese porto a casa duemila euro che è uno stipendio da leccarsi i baffi. E poi chissà che mangiate. In più sono quattro vecchiacci, chissà cosa mi chiedono: una carezza, un paio di massaggini e massimo massimo un limone, ma non di quelli esagerati, un bacio a cranio di dieci secondi che fa meno di un minuto di fatica orale. Si può fare. Anche vestito da Ronaldinho. E se aggiungono cinquanta euro mi metto pure a palleggiare che non sono male e a dieci arrivo sempre.
Monica, come detto molto credente (direi una papagirl da quando c’è Bergoglio), era schifata e me la menava: “Non puoi scrivere queste cose… Che sei il direttore e padre di due figli…”. Betty era impietrita, Costanza, mia moglie, rammaricata. Seguiva i miei pensieri, i dati che snocciolavo (“in ventuno ragazze han preso da Silvio due milioni in due anni, sono 95238 euro a testa”). E ascoltava quanto è uscito dall’inchiesta: che non facevano nulla di cattivo. Stavano lì a fare i tredicenni, facevano il gioco della bottiglia o dire, fare, baciare, lettera, testamento o si toccavano di striscio mentre partiva il nascondino con sotto Emilio Fede. Alla fine Costi mi ha detto: “Peccato che non ho più l’età. Tre notti ad Arcore e avremmo finito di pagare il mutuo. E pensare che da ragazza ci passavo sempre quando andavo a trovare la mia amica Camilla. Che rabbia, averlo saputo allora gli avrei suonato. Non sarei stata lì fuori a gridargli insulti”.
E mi sono detto: siamo cambiati. E’ stata la crisi.