di Matteo Bonfanti

C’è la Var, che è una cosa dall’impatto calcistico pazzesco, capace in un secondo di riscrivere la storia, ossia quanto è accaduto sotto gli occhi di migliaia di tifosi. Kalinic segna e fa il 3-1, chiudendo di fatto la partita del Milan contro l’Udinese. Si festeggia, il centravanti è al settimo cielo, neppure gli avversari protestano. C’è un’aria bellissima, la migliore che si possa respirare su un campo di pallone, la goduria generale che dà un golasso a un intero popolo che fa il tifo.
Ma è solo un’illusione collettiva perché poi interviene l’ormai famigerata Var, il moviolone, che cancella tutto quasi all’istante anche solo per un’inezia, un pollice del piede in off-side, e ci toglie le emozioni vissute lasciandoci un incolmabile vuoto nel cuore. Per colmarlo o si fa l’amore, ma allo stadio non si può, anche se, va detto, sarebbe spettacolare una gigantesca ammucchiata a ogni rete o a ogni rigore annullati dalla terna. O si fuma dell’erba buona, che però forse in Italia non è ancora del tutto legale, o si bevono al volo tre tennentsine, come ho fatto io ieri quando l’arbitro ha tolto la rete al nostro amato Ilicic.
La Var rattrista e ammoscia anche anche perché ci fa dire addio al bello del calcio, l’interminabile polemica da bar dello sport contro lo juventino di turno per il contatto tra Ronaldo e Iuliano o per la palla dentro mezzo metro a San Siro, il famoso caso Muntari, col direttore di gara che fa finta di niente. Senza sbagli non ci sono manco le incazzature e non si può neppure accusare la Vecchia Signora di vincere con l’aiutino. Si perde tantissimo. Occorre al più presto trovare un altro passatempo, due miei amici, disperati, si sono buttati sul parkour.
Leggo Fabio Gennari, un’istituzione qui da noi, dice che lui è totalmente per la Var, che toglie le ingiustizie e quindi è una cosa buona. Le ingiustizie sono quelle cose che non sono giuste, sicché che non vanno fatte o che, se proprio le facciamo, andrebbero in qualche modo eliminate per essere persone migliori. Quando ho letto il pensiero su facebook dell’atalantologo del Bergamo Post, tra l’altro un nostro ex collaboratore, ho quindi immaginato la Var applicata alla mia vita, con tutte le cazzate in serie che ho fatto in questi anni. Poniamo ci sia un computer, faccio un errore, lui blocca la mia storia e la riscrive come se non l’avessi fatto.
Cosa ne verrebbe fuori? Intanto, molto probabilmente, manco sarei nato. Quando mi hanno concepito i miei erano già discretamente in crisi. Andiamo di Var: nell’aprile del 1976 mio babbo fa il danno e mette incinta mia mamma con i due che già non si amano. Nel lettone interviene la Var, cartellino rosso all’ingiusto sperma di papà e io che neppure parto.
Nell’amore la Var ridurrebbe drasticamente la popolazione, che parecchi sono gli indesiderati. In Italia si troverebbero in una decina di milioni, pochi, ma buoni, tranquilli, felici e produttivi, perché fortemente voluti dai genitori. Insomma si diventerebbe un po’ come la Germania, dove sono bravi e belli. Ma si annoiano a morte.
Gli esempi di come la Var nella vita sia una sfiga bestiale sono molteplici. Saremmo tutti vergini perché la prima scopata è quasi sempre con una donna a caso, da ubriachi e per questo disastrosa, saremmo tutti astemi perché incioccarsi è comunque un grosso sbaglio, saremmo tutti serissimi perché la presa in giro sarebbe proibita per legge. Sarebbe, insomma, un mondo di merda, come sta diventando il calcio. Speriamo che il moviolone non faccia successo che poi il governo ce lo mette dappertutto e sono guai, diventa l’inferno.