Monterosso 11di Matteo Bonfanti

La notizia l’abbiamo data sul Bergamo & Sport di lunedì, a pagina 56, quasi inosservata, con una foto piccina picciò che manco si vedeva bene. Colpa mia, chiedo scusa innanzitutto ai nostri lettori e al nostro signore dio  del pallone, cercando di farmi perdonare con quest’articoletto a distanza di cinque giorni. Perché l’addio al calcio di Trocchia merita molto di più di un trafiletto, è cosa importante, da prima pagina. Perché re Igor è stato in questi anni l’uomo squadra perfetto. Al Bergamo San Francesco come al Monterosso: c’è da sbattere dentro il pallone perché i compagni hanno fatto un sabato sera da leoni? Ci pensa lui. C’è da far festa dopo un big match che regala il salto di categoria? Riecco Trocchia che prende l’iniziativa e porta tutti a ballare anche se la mattina dopo ha la sveglia alle cinque per mettere la bancarella al mercato della Malpensata.
Una persona fantastica come dice Emilio Carlessi, quello che resta il suo presidente nonostante le loro strade si siano divise un paio di stagioni fa. Un uomo unico e lo dico io, per esperienza personale. Estate del 2012, parte la carovana Bonfanti, siamo diretti al mare, a Senigallia. Ma non abbiamo considerato mio suocero, Franco, artista ed ex figlio dei fiori che ci fa il pieno appena prima di partire: olio di colza al posto del diesel. Il babbo di mia moglie l’ha letto sul giornale (non su Bergamo & Sport): “il biocarburante vale tanto quanto, il motore va che è una meraviglia e in più non s’inquina il nostro bellissimo mondo”, dice con sicurezza. A Desenzano scopriamo che non è così: l’auto pare una friggitrice e si ferma. E sembra morta per sempre. Ripariamo sul Garda, a Sirmione. Siamo lì che più tristi non si può ed incontriamo per caso Trocchia che è in vacanza con le sue splendide bambine. E’ una festa perché Igor ha il sangue napoletano, sa sorridere, accogliere e sorreggerti, sa farti stare bene stando a chiacchierare di gol incredibili e occasionissime mancate davanti a un piatto di pasta e a un bicchiere di vino. Questo è l’uomo squadra, quello che ci arriva prima degli altri, in campo e nella vita; quello che pensa al gruppo, mai a se stesso.
Non dirò nulla di Igor Trocchia calciatore, per questo rimando a Bergamo & Sport in edicola lunedì. Sappiate solo che in vent’anni di carriera ha messo a segno qualcosa come 350 reti, 15 in questa ultima annata vissuta tra gli alti e bassi di un Monterosso forte, ma mai capace di spiccare definitivamente il volo. Quando lunedì ho visto che appendeva le scarpette al chiodo, mi stava per scendere la lacrima. Se non l’ho fatto è perché sono venuto a sapere che dalla prossima stagione sarà in panchina, allenerà i baby talenti del Loreto. La mia speranza è che li faccia diventare tanti nuovi Trocchia: la classe, ma sempre e comunque al servizio della squadra.