È una notte di mezza estate. Il cielo stellato avvolge tutto quanto intorno ed il crepitio del fuoco scorre come sottofondo musicale, alternando le parole del vecchio del villaggio seduto d’innanzi a me. Non siamo in una qualche prateria silenziosa degli Stati Uniti e Marcello ed io non siamo il vecchio e il giovane attorno al fuoco. La mia analogia però deriva proprio dalle sensazioni trasmesse dal secondo racconto Ultras del “Principe”.
“Quale storia vuoi sapere?”, mi chiede. Rispondo in modo convinto: “Ovviamente tutto!”. Marcello ride: “Se dovessi raccontarti tutto dovresti stare qui al Bar Stadio per una settimana.” Parla ogni volta come se non andassimo insieme allo stadio ormai da anni e non mi avesse di domenica in domenica raccontato mille episodi ed aneddoti. Iniziamo dal principio: la nascita dei Wild Kaos Atalanta. Da dove viene questo nome così solenne ed allo stesso tempo minaccioso che evoca rispetto? Ebbene nel 1983 in quel di Nembro si riunirono i principali esponenti dei gruppi che unitisi andranno a formare successivamente i WKA. L’Armata Nerazzurra, gli Stoned e gli Island Collective. Rappresentati da personaggi di spicco della tifoseria atalantina quali Gigi “il rosso”, i fratelli Salerno, lo Svizzero e Beppe “Ciofa”. Fu la moglie di quel tempo di Gigi il rosso a proporre svariati nomi. Wild Muss, letteralmente mucchio selvaggio, Actione Directe (gruppo politico francese) e appunto Wild Kaos. Il nome arrivò rocambolescamente in quella discussione perché fu visto in un gruppo di tifosi di una partita di basket. Si decise proprio per adottarne l’uso: erano nati i Wild Kaos. Il gruppo, come era solito fare allora, nacque come fazione politicamente di sinistra che si era scissa dalle Brigate Nerazzurre, accusate di essere alquanto permissive nei confronti dei comportamenti delle altre tifoserie.
Con il tempo questa ideologia politica cambiò spostandosi a destra, complice in particolar modo l’avvento deciso della Lega Nord di quegli anni. Il simbolo del gruppo racchiuse al suo interno tutti e tre i simboli dei gruppi unitisi: Che Guevara, la bandiera jamaicana ed il bambulè. Vado quindi a raccontarvi vere e proprie favole Ultras, attenzione favole sì per la loro magnifica aura, ma puramente veritiere e mai romanzate. Stagione 1987/1988 l’Atalanta retrocessa in Serie B guadagna incredibilmente l’accesso alla Coppa delle Coppe. Questa qualificazione all’inizio desta un certo malumore tra le file Ultras atalantine. La competizione infatti veniva vista in principio come un ostacolo alla risalita nella massima serie italiana. Fu così che non fu presa molto seriamente da subito. La prima trasferta è alquanto suggestiva: si va a Merthyr Tydfil in Galles. Il risultato finale non premierà un’Atalanta pericolosissima in attacco penalizzata dalle decisioni arbitrali. 2-1 per i padroni di casa, ma risultato che verrà ribaltato nella gara di ritorno grazie al 2-0 a Bergamo. I Wild Kaos si presentarono in 11 viaggiando in treno e la trasferta passò alla storia perché in occasione del pareggio atalantino il “Moretti” fece il gesto dell’ombrello ai gallesi in eurovisione. Lo potete trovare su Internet e vi assicuro è un filmato da non perdere. 14 marzo 1988 l’Atalanta gioca in trasferta a San Benedetto del Tronto, gara terminata 0-0. I WKA si organizzano per seguire la Dea, prima a San Benedetto e non appena tornati, con un cambio rapido di pullman (dopo ore e ore di viaggio scesero dal primo pullman per salire su quello successivo senza pause), partirono alla volta di Lisbona perché i nerazzurri si erano qualificati per i quarti di finale di Coppa delle Coppe. Il pullman noleggiato dal mitico “Hurra” aveva il lusso del bagno all’interno. Durante il viaggio un esagitato “Salvi” seduto accanto al “Baffo”, personaggio storico della curva e dal carisma unico, finirà per essere rinchiuso proprio nel bagno per più di dieci ore tra andata e ritorno. Solo il gol di Cantarutti valido per il finale di 1-1 concederà euforia generale che permetterà nel ritorno al “Salvi” di uscire dalla sua prigione. Un altro povero rinchiuso fu un giovanissimo Claudio Galimberti. Il Bocia, ancora quattordicenne, sarà costretto a viaggiare nel vano bagagli del pullman perché ancora minorenne e non autorizzato a varcare i confini. Colonna sonora di quel viaggio epico fu una sola audiocassetta e la canzone “Extraterrestre” di Eugenio Finardi suonerà quindi per ore e ore ripetutamente. I nostri eroi arrivarono a Lisbona alle tre di notte. Gigi il rosso ordinò all’autista del pullman di portarli all’hotel dove alloggiava la squadra atalantina. Fu così che alla mattina la squadra si svegliò a colazione con un’invasione Ultras in hotel. La carica che dettero alla squadra fu decisiva per tornare a casa con un risultato di lusso contro una grande del calcio europeo come lo Sporting Lisbona. Il Principe è d’accordo con me nel convenire che dopo quella notte le emozioni degli Ultras fossero di pura magia e se un extraterrestre avesse provato a rapirli, come cantava Finardi, credo che lo avrebbero aggregato al loro pullman facendolo tifare Atalanta. Una storia che ho sentito mille volte dalla bocca di Marcello, ma che si arricchisce di un particolare: il viaggio di ritorno. Gli atalantini infatti in piena gioia si fecero portare a Madrid e assistettero all’allenamento dell’Atletico Madrid con una vera e propria invasione sugli spalti. Il risultato? Saltarono per ore sulle gradinate inneggiando cori contro la storica rivale Brescia, lasciando nella perplessità più totale gli spagnoli. Quella è stata senza dubbio la Trasferta per eccellenza.
Dalla Coppa delle Coppe facciamo però un salto in avanti e andiamo al 1991 con l’Atalanta qualificata in Coppa Uefa. L’incontro che aspetta i nerazzurri è temibile: arriva a Bergamo la Dinamo Zagabria. In quel periodo a Zagabria era in corso la guerra civile tra serbi e croati ed i sostenitori della squadra arrivarono in più di tremila. Fecero una vera e propria razzia nella Bergamasca svaligiando un’armeria e invadendo letteralmente la città. Tentarono anche di entrare in Curva Nord all’inizio della sfida venendo brutalmente respinti dagli Ultras nerazzurri. Un atto che tutt’oggi la curva non dimentica. L’andata terminò 0-0 ed il ritorno fu una trasferta da annoverare negli annali. Gli atalantini, decisi a vendicare la spavalderia dei tifosi avversari nella gara d’andata, si presentarono a Zagabria in vero e proprio assetto da guerra. La curva si presentò compatta, vestita di caschetti da minatore nerazzurri e aste arancioni. L’Atalanta ottenne la qualificazione contro tutti i pronostici ed un arbitraggio sfavorevole che fece ripetere ingiustamente il rigore della svolta ad Evair. Battuto due volte, segnato due volte. Delirio nerazzurro. Nel viaggio di ritorno i tifosi atalantini al seguito della squadra furono tenuti fermi senza alcun motivo sul treno per ben otto ore e ripartirono per rincasare non prima di aver recuperato il “Paolot” che aveva inavvertitamente sbagliato locomotiva e stava per finire esattamente dalla parte opposta rispetto all’Italia. Questi che vi ho raccontato, grazie al mio cantastorie di fiducia Marcello Limonta, sono solo alcuni degli episodi che hanno contribuito a creare la leggenda degli Ultras atalantini. Storie ed aneddoti da raccontare e tramandare, conservare e rileggere. Storie dall’incredibile fascino e magia. Marcello conclude con una frase: “Chi ha avuto la fortuna di vedere nascere e crescere i Wild Kaos Atalanta, sarà sempre un Wild Kaos Atalanta. Con l’onore e l’orgoglio di averne fatto parte.” Io da parte mia sono solo uno scrittore, un amanuense, che ricopia parola per parola le gesta di chi ha reso grande l’Atalanta nel mondo. Lunga vita ai tifosi che vivono di passione pura. Lunga vita ai tifosi atalantini, capaci di far tifare Atalanta anche agli extraterrestri.
Mattia Maraglio