“Vedere calcio e non solo guardarlo”
Alessio Pala non ha certo bisogno di troppe presentazioni. Da calciatore, dopo aver militato nel settore giovanile dell’Atalanta fino alla Primavera, ha indossato le casacche di Romanese, Leffe, Catanzaro, Pergocrema e Palazzolo in più riprese e San Paolo d’Argon. Da allenatore di nuovo alla Dea per dodici anni in tutte le categorie fino alla Primavera e poi Pro Sesto, AlbinoLeffe, Pavia, di nuovo AlbinoLeffe, dove è stato anche responsabile del settore giovanile, Pro Patria, Treviso e Sirmet Telgate. È allenatore professionista di prima categoria (master diploma pro Uefa) laureandosi a Coverciano nel 2007 con la tesi: allenare la categoria Allievi. In questo momento drammatico per il nostro territorio bergamasco e non solo, ha deciso di mettersi a disposizione della nostra testata con una rubrica tutta nuova denominata “Vedere calcio e non solo guardarlo”, dove si rivolge in prima persona ai lettori sfruttando la sua grande esperienza accumulata nel settore, per essere un po’ più preparati al momento in cui il calcio tornerà ad essere protagonista in tutte le categorie professionistiche e non. La prima puntata è concentrata sul ruolo dell’allenatore di prime squadre, dello staff, e…tanto altro. A seguire nelle puntate successive saranno trattate tutte le categorie giovanili a scendere fino all’attivita’ di base. Buona lettura!
“In un momento particolare per tutti, cerco di dare un messaggio positivo, di riflessione generale che forse potrebbe aiutare nel nel breve medio periodo il modo di fare e pensare calcio. Parto volutamente dai grandi per arrivare gradualmente alla radice, là dove comincia a nutrirsi il tutto. Certo, i grandi, quindi ragazzi che fanno parte delle prime squadre. È fatica doppia per i miei colleghi, bisogna fare i risultati, bisogna quindi ottimizzare il tutto in funzione di quello, che in questo ambito è l’unica cosa che conta per le società e per i dirigenti. Giustissimo. Ho notato che tanti ragazzi arrivano, o sono da tempo, nelle prime squadre non con la sufficiente dose di addestramento generale a livello tecnico tattico, poca conoscenza dei principi di gioco nelle due fasi, poca conoscenza generale a livello fisico atletico e generalmente con un linguaggio calcistico non appropriato. Inoltre privi di particolari calcistiche, che fanno la differenza nell’ottenere subito determinati risultati. Due i motivi, o i ragazzi non hanno avuto nel loro percorso formativo adeguati insegnamenti o pur avendoli avuti non li hanno appresi o interiorizzati. Probabilmente tutte e due le cose. L’abilità dell’allenatore sta in questo ambito, nel minor tempo possibile cercare di ottenere dei risultati e contemporaneamente correggere e migliorare queste lacune. Calciatori si nasce, ma giocatori si può diventare. Ogni atleta ha una sua ‘identita’ significativa’ cioè è predisposto a raggiungere un certo livello naturale, che sia Serie A o Prima categoria, l’importante che anche l’atleta di Prima categoria raggiunga il suo massimo potenziale a livello tecnico tattico, fisico atletico e di personalità e sono poi i 4 fattori prestativi. La categoria, a parità di conoscenze e abililità la fa la testa e il carattere. Nei professionisti è più facile, ci sono più mezzi e tante sedute, la tecnica è superiore (ma non sufficiente!!!) e gli atleti, vivendo di quello sono più predisposti al lavoro (ma si potrebbe e dovrebbe fare di più. Nei dilettanti è difficilissimo, per i miei colleghi ma anche per gli stessi atleti, poiché si tratta di un dopo lavoro. Faccio un esempio concreto e percorribile: ipotizziamo di essere allenatore staff di una prima squadra partecipante al campionato di Promozione con a disposizione tre sedute di allenamento serale più la gara della domenica. Attuare il principio dell’evidenza, cioè fare vedere gli errori attraverso l’analisi. L’analisi post gara è fatta per correggere gli errori, per sbagliare meno, infatti i migliori anche in Serie A sono quelli che sbagliano poco. Ecco l’ausilio della scienza (video filmati, ecc). Il calcio però è arte non scienza, la scienza al servizio dell’arte e non viceversa. Per chi ha la possibilità, farsi dare dei dati atletici dal preparatore, devono però essere strumenti che aiutano l’occhio del tecnico. I dati sono la scienza a servizio degli occhi del tecnico che è arte. Allenare le capacità’ condizionali in modo specifico (con il pallone) combinando le esercitazioni in modo di recuperare e migliorare l’aspetto tecnico. La tecnica si migliora con la ripetizione corretta del gesto, e’ più facile con atleti coordinati e attenti a livello mentale. A seguire l’aspetto tattico, individuale e di reparto, la strategia di gara, i piazzati a favore e non, e un minimo di informazione delle caratteristiche degli avversari. L’entusiasmo è la base dell’apprendimento, una frase recita: bravo quel maestro che riesce a far nascere nell’alunno una grande voglia di imparare. Sacrosanto. Ogni seduta dovrebbe contenere tutti questi argomenti, con più tempo dedicato alla strategia di gara nella seduta di rifinitura. La partitella finale è il sunto di tutto, se fatta bene, in modo intenso e con contenuti mirati. L’osservazione del tecnico e’ fondamentale, dal complesso (partitella) memorizza gli errori che correggerà un tempo dopo in modo semplice (analitico). Sul finire non disdegnare un defaticante tecnico, sempre per allenare in fatica e sotto stress la stessa. Si creeranno così degli automatismi, soprattutto con i ragazzi più giovani che devono crescere. Il preparatore atletico visiona e osserva, altrimenti lavora per il recupero degli infortunati o lavora per la prevenzione degli infortuni (fondamentale). Essendo colto, dà consigli pure sul modo di alimentarsi, prima e dopo le sedute, quindi un’ulteriore informazione. Il preparatore dei portieri, una volta fatto il suo lavoro, e’ giusto faccia partecipare gli stessi alla ‘vita della squadra’ perché alla domenica sono parte integrante della stessa. Attuare la regola delle tre c: chiari concisi completi, far capire agli altri quello che si sa, ecco il problema del transfert, in pedagogia l’arte dell’insegnare. Importante non avere tempi morti, lavorare in modo organizzato, con risposte anche a livello mentale, rispettando l’adattamento di ognuno. Detto questo rimango dell’idea che la tecnica di base, magari applicata, sia prioritaria a tutto, il gioco del calcio si nutre da lì. Arte è pure vedere gli errori, arte è saperli smontare e rimontare correttamente. Il calcio si gioca con i piedi e il cervello, ma servono anche gli arti superiori, così come il basket si gioca con mani e cervello ma hanno bisogno degli arti inferiori. Tutto collegato in modo armonioso e fantasioso. Consiglio di dedicare del tempo ai presidenti e ai direttori per i dovuti dialoghi settimanali al di fuori delle sedute. Il campo d’allenamento è sacro. Sono estremamente convinto che così facendo si possa ottenere un risultato migliore, serve però avere vicino persone (dirigenti e atleti) di livello culturale importante, persone vogliose, curiose e con tanta passione. Un lavoro importante, basato sul rispetto dei ruoli, ben definiti, le regole, compiti e funzioni assegnati a ogni componente. Dai tanta arte, un pò di scienza, cultura, letteratura, passione, così anche la nostra squadra di Promozione sarà di Serie A. Buon calcio a tutti”.
In fede, Alessio Pala