Prosegue la rubrica di mister Alessio Pala denominata “Vedere calcio e non solo guardarlo”, dove il tecnico si rivolge in prima persona ai lettori sfruttando la sua grande esperienza accumulata nel settore, per essere un pò più preparati al momento in cui il calcio tornerà ad essere protagonista in tutte le categorie professionistiche e non. La terza puntata è focalizzata su un nuovo ramo dei settori giovanili, dai 15 ai 17 anni. Buona lettura!
“Eccoci al ‘cuore’ della formazione dell’atleta. Il compito di allenare e insegnare in questa fascia (15/16/17) oltre che ad essere impegnativo porta con sè molte responsabilità. Le numerose variabili che entrano in gioco durante questo delicato processo (quali le caratteristiche mentali, emotive, fisiche, il proprio bagaglio di esperienze, le attività di apprendimento, il tipo di capacità da apprendere, gli obiettivi da raggiungere dovrebbero stimolare l’allenatore ad approfondire le conoscenze in materia, al fine di arricchire le proprie conoscenze metodologiche e didattiche, per rendere sempre più efficaci le proposte e le risposte di allenamento. Si diventa una guida carismatica, perché bisogna condurre la squadra verso gli obiettivi prefissati, esaltando le potenzialità dei singoli ragazzi, in favore del comportamento collettivo. E’ un facilitatore degli apprendimenti, deve conoscere i metodi di allenamento. Punto di partenza fondamentale è la conoscenza dei vari modi di imparare di ogni allievo, il quale costruisce i concetti e le abilità motorie e tecniche con strade diverse. Ad esempio un ragazzo impara più facilmente un gesto tecnico o una situazione tattica se riesce a scomporla in tutte le sue parti costitutive provandola più volte, mentre un altro apprende le stesse abilità con maggior efficacia se messo in condizioni di sperimentarla nella sua globalità. Il giovane utilizza una condotta motoria e tecnica valida se è motivato. Più si è in grado di identificare le differenze mentali, cognitive, caratteriali di ciascun atleta, più si riuscirà ad ideare (sì arte…) appropriati percorsi didattici e relativi metodi, per insegnare anche nelle diversità che andranno comunque sanate. Riassumendo si potrebbe dire che l’allenatore, il tecnico, il formatore (chiamatelo come preferite) ricopre simultaneamente i seguenti ruoli: osservatore di sè stesso, dei ragazzi, dell’ambiente, istruttore (conosce i gesti tecnici e le situazioni tattiche scegliendo le attività per allenarle, è dimostratore, animatore (crea entusiasmo), porta facilità negli apprendimenti, è una guida e rappresenta un modello. In relazione ai diversi ruoli ricoperti dell’allenatore si possono individuare le sue competenze (sapere, saper fare e soprattutto saper far fare) che riassumiamo in quattro categorie.
A) competenza tecnica. Dimostra le attività (ecco perchè è meglio chi ha giocato e non importa in quale categoria), sceglie le attività adeguate all’obiettivo, varia le stesse in funzione del grado di riuscita, rileva gli errori, individuandone la causa e non la concausa (importante) proponendo attività idonee per correggerli.
B) competenza metodologica. Spiega le attività, magari per fasi, ponendo domande, correggendo un errore alla volta. Utilizza il metodo induttivo-deduttivo e usa delle strategie per mantenere alta l’attenzione (voce, posizione del corpo, scelta del dove mettersi, ecc.).
C) competenza organizzativa. Preparare il campo prima dell’allenamento (per i meno abili) scegliendo i tempi giusti per la durata della seduta, favorendo la densità del lavoro ed evitando i tempi morti. Utilizza un buon rapporto spazio/numero dei giocatori, mantiene una giusta proporzione tra i tempi di spiegazione e di attività (meglio se la spiegazione è breve), predispone spazi di lavoro funzionali, flessibili, sapendo pure organizzare la rotazione di ruoli.
D) competenza relazionale. Favorisce un clima di rispetto verso gli altri, verso l’ambiente, deve rinforzare i comportamenti positivi incoraggiando e gratificando. Bene se è autorevole, mantiene discreta calma (non troppa) e coglie le dinamiche interne di gruppo (leader, isolato, gregario, mediatore, indolente).
Tra i 16/17 anni, ma in alcuni casi anche prima (precoci) l’impulso dei valori di forza muscolare è notevole, quindi bene un lavoro specifico per poi potenziarlo altrove. Stesso discorso per la velocità e la rapidità, che vanno sempre allenate sia a secco, ma soprattutto in modo specifico. Diverso invece trattare la resistenza, in quanto questa capacità ha uno sviluppo più lineare. Non va neppure trascurato il concetto di multilateralità, cioè le attività alternative (nuoto, basket, ciclismo, ecc). Se il tempo che si dispone e’ poco, e’ indispensabile avere cura dell’essenziale. In questa categoria, secondo me comincia a contare il risultato, ma deve essere uno strumento utilizzato al fine di sollecitare la motivazione, e soprattutto il carattere e la voglia di andare oltre. Magari si può partire da una forma ludica, per poi arrivare a modalità di allenamento che sottointendono la specializzazione. Per le società che hanno la possibilità, sarebbe meglio avere due squadre per la categoria, ora chiamate Under 16 e Under 17, per chi non può farlo una squadra sola. In questo caso se si vuole un minimo di selezione, bisogna tenere in rosa i tardivi (diversità tra età cronologica e biologica), i coordinati, gli abili, serve quindi occhio da parte dell’allenatore, qua riveste fondamentale importanza la supervisione del responsabile del settore, il quale deve essere lungimirante su tutto. E’ la categoria più importante, forse l’ultima vera categoria a livello giovanile. Ora ci immedesimiamo allenatore di una squadra Allievi regionali di una società di Serie D, tre sedute settimanali più la gara. Abbiamo un fattore stavolta a nostro favore, il tempo, e in più la possibilità di lavorare con lo stesso gruppo, quindi alleno e sperimento di tutto. Alleno di tutto, la tecnica (sacra) in tutte le salse, la tattica, il singolo, il gruppo, la tattica individuale (intensificare), la strategia di gara, la competizione. Certo la competizione, per raggiungere la vittoria, sì cercare di vincere, perché i ragazzi si devono abituare a quello che gli verrà richiesto dopo. A fine percorso, i più pronti possono essere aggregati alla prima squadra, scavalcando la categoria Juniores, certo con la consapevolezza di aver dato loro tutti gli strumenti. Il lavoro dell’allenatore (occhio/arte) sarà pure di cambiare ruolo al ragazzo, con intuito, con testa, con sagacia, e pure di osservare ragazzi nelle squadre che si affrontano, facendo così anche scouting per la società e capire e carpire che magari altrove ci sono ragazzi più abili e portati di quelli che si hanno a disposizione. Ecco perché la materia bisogna conoscerla tutta, certo i corsi e la scuola aiutano, ma la vera scuola è il campo, le idee, la fantasia, la tenacia, la passione, la curiosità è un pò di sana imprevedibilità nelle scelte. Insisto che bisogna essere preparati in tutto, vedere, vedere, vedere, sapere, sperimentare, provare, ideare, e non copiare e guardare calcio”.
In fede, Alessio Pala