È domenica mattina, una domenica come tante, nei dintorni dello stadio un rumorio echeggia nell’aria: è domenica di Atalanta. I sostenitori della Dea già dalle prime ore del mattino gironzolano qua e là come hanno sempre fatto, perché l’Atalanta non è solo una squadra di calcio, bensì la loro stessa vita e per questo è come se si svegliassero a casa e preparassero il caffè. Quando gioca l’Atalanta a Bergamo è un po’ come se il tempo si fermasse. Oggi c’è la partita, i problemi di ogni giorno lasciamoli stare. Un limbo magico che nessuno vive come lo vivono gli Ultras nerazzurri. Sto per raccontarvi la Storia, con la S maiuscola, della passione viscerale per quella figura mitologica femminile che si staglia sullo sfondo nerazzurro con i capelli al vento. Non potevo certo che chiedere a chi ha vissuto da dentro il tifo atalantino negli anni di raccontarmi cosa fosse prima e cosa sia ora la tifoseria dell’Atalanta, nonostante io stesso sia un fervido tifoso fin da quando sono nato. Quindi pendo dalle labbra del “Principe” che si dilunga nel raccontarmi aneddoti al Bar Stadio mentre io sono intento a scrivere velocemente con la mia penna su un quaderno di scuola. Marcello Limonta, detto appunto il Principe, mi racconta per filo e per segno la storia del tifo organizzato a Bergamo.
«Devi sapere, attacca Marcello, che il tifo come lo intendiamo noi fino all’inizio degli anni ’70 non esisteva. Tutto nacque il 12 dicembre 1971 in un Verona-Atalanta vinto da noi per 2 reti a 1. I nostri furono così impressionati dal tifo dei veronesi che sul pullman di ritorno decisero di fondare il primo gruppo ultras della storia atalantina: gli Atalanta Commandos. All’interno dello stadio occupavano la Curva Sud ed il primo drappo con il simbolo del gruppo fu esposto il 9 gennaio 1973 in uno scialbo pareggio per 0-0 contro il Bologna. Tu dirai, dice Marcello, ma come in Curva Sud? Ebbene sì proprio in Sud, ma lo spostamento verso la Nord arrivò immediatamente dopo per ragioni che a sentirle ora fanno ridere. In Curva Nord picchiava insistentemente il sole ad ogni partita ed il biglietto costava duemila lire. In Sud ne costava duemila e quattrocento e non vi era spazio dove esporre gli striscioni del gruppo. Fu così che nel 1974 Achille Bortolotti mise i pali per attaccare gli striscioni in Nord e lo spostamento del gruppo avvenne di conseguenza. Successivamente, continua il Principe, nacquero gli Atalanta Panthers, gruppo di Dalmine. Rappresentanza che verrà poi assorbita dalle Brigate Nerazzurre. Nacquero allora gli storici Sbandati, gruppo di Petosino e dintorni, famosi per la loro sudditanza all’alcool. Si racconta, con documentazioni ufficiali, che in una trasferta ad Udine entrati in un’osteria chiesero 108 litri di vino lasciandone solamente 2 sbalordendo l’oste. Come abbiano visto la partita dopo non ne è dato sapere, ride Marcello. Anche i quartieri di Bergamo e non solo la provincia si mobilitarono per creare un gruppo ultras: i cosiddetti Ultras Fossa. Tutti questi piccoli gruppi, spiega Marcello, non avevano una forte leadership ed infatti scomparvero poco dopo perché nel 1976 entrò in scena un gruppo che farà storia: le Brigate Nerazzurre. Le Brigate da subito prendono il comando della curva introducendo una novità all’interno del tifo bergamasco: la politica. Le Brigate si distinguevano per un marcato orientamento politico di estrema sinistra e fece così la sua comparsa allo stadio, per la prima volta, la bandiera raffigurante Che Guevara su sfondo rosso. A quel tempo lo scontro fisico tra tifoserie era all’ordine del giorno. Fatto incredibile di quel tempo fu la degenerazione di alcuni contatti con i sostenitori del Torino arrivati a Bergamo, con questi ultimi che per sfuggire allo scontro si rifugiarono nella chiesa di Via dei Celestini, racconta divertito il Principe. Le Brigate mantengono l’egemonia totale del tifo organizzato fino al 1982, ripete categoricamente il pilastro della Nord, fino a quando per grandi divergenze di idee nacquero due gruppi: l’Armata Nerazzurra e l’Island Collective (rappresentanza dei paesi dell’isola bergamasca)».
In seguito per profonde divergenze politiche, nel 1983, si formò un altro gruppo destinato a fare la storia: i Wild Kaos Atalanta. I Kaos non sostenevano alcuna amicizia con nessun’altra tifoseria. Episodio più unico che raro fu però una trasferta a Cagliari del 10 febbraio 1991. Marcello era tra i quarantadue sostenitori, tra Brigate e Kaos, che partirono per l’isola. L’accoglienza dei cagliaritani del gruppo “I Furiosi” fu straordinaria. Scortarono tutti e quarantadue gli atalantini in giro per la città a loro spese. Offrirono il pranzo e la cena, regalando ad ogni bergamasco un biglietto della partita. «Roba mai vista prima, afferma Marcello con commozione. Voi siete nostri ospiti ci disse il capo della tifoseria cagliaritana. Fu così che gli atalantini tornarono a casa senza aver speso un soldo e con prodotti locali, sciarpe e bandiere raffiguranti i quattro mori».
Da lì scaturì una bella amicizia con gli isolani che dura tutt’ora. Tra Brigate e Kaos iniziarono però i primi scontri ed in particolar modo il fattore scatenante fu la doppia sfida con la Sampdoria del campionato 1989-1990, in cui i Wild Kaos, di cui il Principe fece parte ed ebbe un ruolo di spicco nella vicenda, intonarono cori contro i blucerchiati, in forte simpatia a quel tempo con le Brigate Nerazzurre. La Nord quindi si spacca, esattamente una fazione a destra ed una a sinistra. In questo periodo iniziò a definirsi la figura di una colonna portante del tifo Ultras atalantino: Claudio Galimberti detto il “Bocia”. «Claudio, spiega Marcello suo amico da sempre, iniziò col fondare un gruppo che durò però poco tempo: la Nuova Guardia. Ma era il segnale che qualcosa stava per cambiare ed infatti nel 1998 il Bocia prese in mano la situazione scindendo definitivamente la politica dagli Ultras dell’Atalanta. Ecco allora che fecero la loro comparsa gli Atalanta Supporters. Le Brigate Nerazzurre si sciolsero di conseguenza, diventando Forever Atalanta e spostandosi in Curva Sud, seguite a ruota dai Wild Kaos che si disgregarono però poco dopo. Gli Atalanta Supporters racchiudevano tutti al loro interno, da svariati appartenenti delle Brigate ai Wild Kaos ormai sciolti. L’idea di Claudio era semplice, efficace ed innovativa: noi tifiamo Atalanta. La politica è un’altra cosa». La storia degli Ultras dell’Atalanta arriva dunque ad un punto fermo: conta solo la Dea. Una strada tortuosa, intrisa di difficoltà, che ha però subito delle accelerazioni improvvise e decisive nei rettilinei più importanti diventando quella che ora tutti conosciamo, la strada di casa. Una Storia che va rispettata sempre e che va tramandata di padre in figlio. Marcello pare triste e gli chiedo cos’abbia. Mi risponde dicendo: «Ho raccontato poco». Lo rassicuro dicendogli che nulla andrà perso di quello che è stato e che ci saranno sicuramente altre occasioni per raccontare quanta strada abbia fatto quella donna così bella con i capelli al vento.
Mattia Maraglio