Tre obiettivi semplici semplici e alla portata dopo un anno di studio sia dei luoghi che delle persone. E come mi è andata? Dal tradizionale pranzo tra l’Atalanta e noi giornalisti, questa mattina al Gewiss, porto a casa un nano nerazzurro, Percassolo, ed è un bene, che da oggi in poi farà compagnia a Gasperinolo, gnomo gemello comperato alla Conad più o meno un mese fa e un po’ intristito perché è spesso solo soletto nella tana al numero sei di via Malfassi. Ma non posso ritenermi soddisfatto, volevo siglare o eguagliare il record di strette di mano al presidente, le cinque del 2017, e sono arrivato a due, la mia prestazione peggiore di sempre, col pensiero di aver magari deluso anche il Tone, che oggi aveva una pelle meravigliosa, vellutata, insomma da urlo, tipo una zampa di Coccolino, il peluches dell’ammorbidente, e chissà a quali trattamenti si sarà sottoposto ieri il nostro massimo dirigente per arrivare così pronto alle mie continue strizzatine. Gli chiedo scusa, è un dovere morale. Poi, altra beffa, ero lì e lì per partire di corsa sul campo, uno scatto che mi avrebbe fatto raccontare ad amici e parenti più stretti di aver calcato un campo di Serie A, e l’addetto alle zolle mi ha sgridato, di fatto bloccandomi all’altezza del corner. In ultimo, non certo per importanza, la questione Percassolo, il nanetto di pezza nerazzurro. Nel 2023 avevo tentato di sottrarne uno uguale e ce l’avevo quasi fatta, ma il colpo non era andato a segno per via di una mia minima indecisione, tre secondi con lo gnomo in vista, un’inezia, ma che aveva portato al tempestivo intervento di Romano Zanforlin, direttore marketing del club di Zingonia, bravo, va detto, a sventare il furto. Da quel giorno ho lavorato mesi e mesi sul piano per il 2024, perdendoci le notti, studiandomi i minimi dettagli. Questa mattina ero strapreparato, mi sentivo tale e quale al Professore della Casa di Papel. E l’Atalanta che fa? Regala un nano a tutti, a me, che ci ho speso mesi e mesi, come a Marco e a Simone, che manco ci hanno mai pensato. C’è dell’amarezza (nonostante abbiamo mangiato e bevuto bene bene, stare con i dirigenti nerazzurri è uno spasso, lo stadio è un gioiello e i giornalisti bergamaschi sono tutti super carini). 
Matteo Bonfanti