E mentre guardavo la mia amata Pandona Aranciona a Metano andare a fuoco, un po’ pensavo alla Madonna, un altro po’ a mia nonna Pina, sicuro le due sante donne fossero in combutta nell’ennesimo miracolo, salvo, senza un graffio, come ogni volta per miracolo, insomma per un pelo. Oggi pomeriggio è andata più o meno così, nella sfiga una serie di colpi di culo non da ridere. Ero in via San Giovanni Bosco, a Bergamo, all’altezza del Pasta & Basta, erano le quattro e dieci circa e stavo tornando in redazione dopo aver accompagnato l’ex atalantino Carmine Gautieri a Grassobbio, dal Gigi, all’Ottica Foppa. Un tipo di colore, stracarino, che poi è stato lì quasi un’ora a darmi manforte, mi ha suonato e ha abbassato il finestrino. Mi ha detto: “Oi, non vedi il fumo?”. Stavo cantando, ero concentrato su un vecchio pezzo del Liga, non avevo notato che la Panda avesse iniziato a bruciare dal cofano davanti. Me ne sono accorto, quindi sono uscito dall’abitacolo tipo Schumacher in non so quale gara di Formula Uno, infine mi sono messo al riparo nella lavanderia di fronte. Il titolare, un certo Luca, mi ha visto completamente scioccato, immobile mentre se ne stava andando per sempre la sola compagna della mia vita, la Pandoska, protagonista di mille e passa avventure. Ha fatto tutto lui, che ringrazio e che un giorno porterò a cena, innanzitutto ha chiamato i soccorsi, vigili e pompieri, poi si è accorto che tremavo e mi ha dato un bicchiere d’acqua abbracciandomi forte. Un angelo. Dieci minuti e la Panda non era più una bomba a orologeria per l’intera popolazione della zona. In quell’attimo di tempo mi sono passati mille ricordi, le volte che sono scappato con la mia maghina verso il mare a Ferragosto, ogni fuga distratta, le donne che ho amato sui sedili ascoltando i Led Zeppelin, i cento e passa discorsi fatti all’Aranciona quando non sapevo cosa fosse giusto fare, se battere o levare, se restare o se andarmene da lì cercando un mondo per farmi tornare a ridere di gioia. Ho pianto, del resto con la morte della mia Pandona stava finendo una storia, quindici anni insieme, una vita, e io ne vedevo in diretta il suicidio. Avrei voluto vivesse per sempre, diventasse d’epoca, tra un paio di decenni a farci insieme dei raduni di macchine bruttone, ma zeppe d’anima, complici e uniche, proprio come lei, il mio carro, il mio coche. Non è andata così. Mi mancherà. Quel che resta del giorno, dico ora, intorno alle venti, è che ci sono tante persone mi vogliono bene, Sergio, il nostro agente pubblicitario, che è venuto a recuperarmi, Marco, il mio migliore amico, che mi ha aspettato in redazione per saperne di più, tutti gli altri, che mi hanno scritto per conoscere il livello della mia strizza e la grandezza del mio lutto per la mia povera Pandona Aranciona a Metano, il mio amore. Ringrazio anche i vigili urbani e quelli del fuoco, scossi anche loro, accanto, dolci e un sacco umani mentre ero completamente in aria.
Matteo Bonfanti