C’è che la mia Ani oggi si laurea e io non riesco ancora a vederla grande, lunga, stupenda, in gamba, dolce e forte com’è ora. Per me è sempre quella deliziosa scimmietta che a tre anni appena compiuti s’arrampica senza paura sugli alberi di Valgre, cascando ogni volta giù da un ramo, sbucciandosi le ginocchia, i gomiti e il cuore, restando impassibile, l’intero sorriso sdentato sulle labbra e il bisogno di riprovarci da capo, un’acrobata in erba stesa nell’erba, la mia prima cosa bella, così divertente, così intrigante, così appassionante da avermi fatto fare il passo più lungo della gamba, quello di diventare padre. C’è che tra poco, a vederla con la corona d’alloro in testa, mi verrà da piagnere a dirotto e il mio regalo sarà quello che non sono riuscito a darle mai, la calza di mio figlio Vinicio rimasta orfana nel salone dei ricordi, il suo cruccio da bimbetta, dai tre ai cinque-sei, la frase nella testa, “zio, una cazzina di Vini è a casa mia”, in loop, appena mi vedeva e poi se mi vedeva mettermi la giacca per andare via. E a ripensarci Anita era già lei, questo, la nostra dottoressa, nessuno di noi ancora se ne era accorto, eppure quell’irresistibile donnina dalle minuscole collant già voleva che tutto fosse a posto, persino una calzetta che non era possibile non se ne stesse tranquilla nel cassettone accanto alla sua gemella. Ignoro la biologia, giusto i piselli che si magnava a cena Mendel stando un sacco a pensarci finendo finanche a digiuno, del resto io al liceo non studiavo, percorrevo principalmente la strada della mia personale ribellione, quindi tanta stima che sono vicende per cervelloni come in famiglia c’è giusto mia sorella, Chiara, la mamma di Anitoska. Sono fiero, va detto, ma infinitamente di più del suo carattere, Ani è talmente una perla rara che l’avrei celebrata pure se si fosse messa d’impeto a studiare il vero motivo dietro al fatto che in Brasile c’è qualcuno che passa l’esistenza a fare le righe ai chicchi di caffè. Insomma che dire? La mia scimmietta è ormai una donna, dall’animo leggero e profondissimo, uguale al nostro mare, che ora da biologa le toccherà analizzare, prendendosene cura come fa con tutti noi da quando è nata, sempre e per sempre. 
Matteo Bonfanti