di Evro Carosi

Si racconta che Carpophorus uccise 20 fiere solo nel giorno dell’inaugurazione del Colosseo. Capace di colpire un Leopardo in volo come si vede solo nei film, disse di voler combattere anche dopo aver conquistato la libertà.
Nella serata del suo addio al calcio Zanetti non lo ha detto, ma ha dato l’impressione di quello che avrebbe tanto voluto poter continuare a combattere, proprio come un grande gladiatore.
Stadio pieno, come mai si era visto in questa, tutto sommato deludente, stagione neroazzurra, il capitano entra in campo nel secondo tempo. L’arena si infiamma ogni volta che tocca palla, anche quando con le mani batte un semplice fallo laterale. Regala un paio di dribbling dei suoi, quelli che in nessuna scuola calcio ti insegnano perché nessuno ha mai capito come Javier riuscisse a saltare più avversari di fila con tanta naturalezza. Deve anche prendersi cura di un tifoso che, protagonista di un’invasione in solitaria, corre verso il suo capitano, viene atterrato e lascia poi il campo tra gli applausi, invocati dallo stesso Zanetti.
La partita si chiude con una ormai rara vittoria interna interista e inizia la festa.
Tra cori, lucine accese e lacrime, Javier sfila visibilmente commosso tra due ali composte da giocatori e dirigenti fino a raggiungere il centro del campo. Con un accento argentino, che vagamente ci ricorda Papa Francesco, inizia il suo discorso. Non è emozionato, tanti anni di carriera e una canzone incisa con Mina lo hanno reso sicuro anche con un microfono in mano. Ancora una volta Javier si dimostra uomo di altri tempi. Era lì per essere ringraziato e invece ringrazia. Era lì perché volevano dirgli che è un grande e lui riempie tutti di elogi. Si conferma quella macchina da corsa vincente che, per incantare il pubblico, non mai fatto uso di accessori che di futuristico hanno solo l’aspetto. Niente fronzoli e tanta sostanza. Chi lo ha visto giocare immaginava le sue parole o forse le conosceva già, ma si è lasciato lo stesso cullare per un’ultima dolcissima volta.
L’uomo delle 857 partite saluta ogni singolo tifoso con un trionfale giro di campo e poi le luci a San Siro si spengono. Lascia l’arena un gladiatore che avrebbe voluto continuare a combattere e un professionista purtroppo inimitabile.