Nell’anno più strambo della mia vita mi è pure capitato di essere intervistato. Ed ho passato una delle ore più difficili dei miei ultimi trent’anni. La colpa non è del collega che si è messo sul pezzo, Fabio, giovane talento del giornalismo, che abbiamo avuto qui a lavorare una dozzina di mesi per poi vederlo spiccare definitivamente il volo a Bergamonews. Il problema sono io, solo io, come sempre, che parlo e sembro ebete, il gemello scemo dell’altro Matteo, quello che scrive ogni giorno e che dà l’idea di essere anche abbastanza intelligente, nella media, insomma normale, non completamente toccato.
Così come è andata, poi seguirà il dibattito, ovviamente tra me e me. Fabio, di cui custodisco la tessera sanitaria ormai da tre stagioni calcistiche, mi ha cercato venerdì pomeriggio: “Matteo, posso intervistarti? E se sì, quando? Ti chiamo e ti faccio un po’ di domande sul Covid, visto che hai fatto il diario di bordo dei tuoi giorni di malattia… E poi mi dici del vaccino. Ho letto tutti i tuoi racconti, e vorrei sapere perché, secondo te, è l’unico modo per uscire da questo casino…”.
Panico, Fabio mi ha preso per un virologo. Narcisismo a palla, Fabio mi vede uguale uguale a un vip della città, Gori o la Hunziker che ne dicono di ogni su qualsiasi tema. Panico, che minchia dico a Fabio io che frequento costantemente i miei dubbi? Narcisismo a palla, Fabio e Rosella, la sua direttrice, mi stimano talmente tanto da volere sapere la mia opinione su un tema difficilissimo, che solo i Premi Nobel. Panico, non sono un Premio Nobel (ho fatto solo due esami all’università, 18 e 24). Narcisismo a palla, non sono un Premio Nobel, ma un giorno potrei diventarlo iscrivendomi tra vent’anni all’università degli anziani. Così in questa vicenda di stati d’animo controversi per un paio d’ore buone, evitando di rispondere a Fabio nel mio lunghissimo venerdì pomeriggio passato a sistemare il libro di una ragazza molto in gamba. Poi però un’altra cosa, la solidarietà tra colleghi, che io d’interviste ne faccio un botto e quando non mi rispondono, pur visualizzando i messaggi su Messenger o su WhatsApp, ci resto male, la sento come la peggio delle scocciature. Quindi: “Va bene, Fabio, chiamami quando vuoi”, “Domani alle undici?”, “Perfetto”, “Grazie tantissimo”, “E di che…”.
L’indomani, appunto sabato. Cellulare spento per riorganizzare le idee, che Bergamonews qui da noi è un botto importante, lo leggono davvero tutti, e poi perché cercavo il filo del mio telefono, smarrito sulla Pandona Aranciona a Metano, che è un casino pieno raso di spazzatura (gli manca solo il cadavere di un topo in decomposizione nello spazioso baule vintage). Alle 15 la chiamata di Fabio, giustamente al lavoro per un titolo ad effetto. La domanda da cento milioni, di like o di insulti: “Ma quindi il vaccino lo fai?”. E via con trequarti d’ora abbondanti di melina pazzesca che manco le squadre di Trapattoni in Europa: “Sì però chi minchia sono per indirizzare qualcuno a vaccinarsi, che non ho alcuna competenza? Sì però sono solo un giornalista sportivo e manco tra i migliori qui a Bergamo… Sì però le mie parole non valgono un cazzo che non sono né Scanzi né Selvaggia Lucarelli che sono bravi bravi e ce l’hanno così chiara… Sì però è una scelta personale… Sì però più che altro il problema è la reclusione che fa diventare mezzi pazzi, far contare le piastrelle in solitudine facendosi mille seghe sul divano coi porno tra le lesbiche cinesi… Sì però ho avuto l’influenza due giorni e mi sa che il Coronavirus di adesso non è più quello del famoso aprile. E’ più tranquillo… Sì però perché non si possono fare due passi in Maresana quando si è positivi ma senza sintomi? Basterebbe stare lontani dalla gente, farsi il sentiero senza alitare addosso a nessuno… Questo Stato ci pensa sempre come untori, persone stronze che puntano a fare del male all’altro”.
Fabio, che ho tirato matto, ha scritto il pezzo, la mia intervista, che sto aspettando esca oggi su Bergamonews. Correttissimo, prima me l’ha mandata, bellissima, facendomi apparire intelligente, uno in gamba. C’erano solo le mie parole scritte, le frasi tratte dal mio blog, quelle del mio famoso diario di viaggio. E’ un grande talento anche perché ha capito che un giornalista della carta stampata vale, ma solo quando scrive. Se parla, fa avanti e indietro nella sua zona grigia e non si capisce una beata mazza.
Matteo Bonfanti
Oggi mentre scrivo e sembro intelligente persino in una foto